Il turismo italiano affronta un momento preoccupante. Dati Eurostat rivelano cali rispetto al 2023, con meno presenze interne e competitività ridotta rispetto a Spagna e Grecia.
Si è sempre pensato che il turismo fosse il settore guida della nostra economia, in modo da poterne contrastare la crisi. Concezione più frutto delle aspettative che dei fatti, ossia che turismo e crisi economica sono un tutt’uno. I numeri, a prima vista, sembrerebbero incoraggianti: 81,1 milioni di visitatori ad agosto, 74,7 a luglio e 52,3 a giugno. Ma, sorprendentemente, in calo rispetto al 2023 ed al periodo prima della pandemia. Questi dati sono stati diffusi dall’Eurostat, l’ufficio europeo di statistica e sono giustificati dalla forte riduzione delle presenze italiane, compensata in piccola parte dalla crescita di chi si è trattenuto in vacanza più tempo.
Come volevasi dimostrare: a rinunciare sono state le persone che avrebbero fatto ferie brevi, ossia i meno abbienti. Quello che dovrebbe preoccupare le forze politiche è il calo della competitività rispetto ai concorrenti. In Spagna e Grecia, due Paesi prossimi e diretti, hanno avuto una crescita, in estate, oscillante tra il 2 e il 4%, confermata anche dall’incremento del PIL (Prodotto Interno Lordo).
L’Italia ha subìto il calo del turismo interno, segno dell’impoverimento del ceto medio, con famiglie che fanno fatica ad arrivare a fine mese, figurarsi ad andare in vacanza! In Italia i numeri sono stati peggiori anche per l’eterogeneità dell’offerta e della domanda dei turisti europei, spesso alla ricerca di nuove esperienze. E’ il caso dell’exploit dell’Albania, meta preferita degli italiani, o della vicina Slovenia. I numeri parlano chiaro e smentiscono tutti i discorsi sul turismo come risorsa principale dell’economia italiana, fatti in ogni luogo, dalla stampa mainstream, dai politici fino alle locali Pro Loco dei paesi. Come stridono con la realtà le polemiche relative all’overtourism, quel fenomeno socio-economico sempre più diffuso, che consiste nell’eccessivo afflusso di turisti in determinate città e località, soprattutto europee (Italia inclusa), che non sono però in grado di gestire e sopportare un peso così ingente di persone.
Si generano così proteste di ogni tipo da parte dei residenti e casi molto eclatanti si sono verificati ad esempio in Spagna: a Barcellona e nelle Isole Baleari alcuni cittadini locali hanno spruzzato con le pistole ad acqua i turisti per spingerli ad andare via. Secondo gli esperti il turismo nazionale non potrebbe essere la locomotiva della nostra economia nemmeno se i numeri si incrementassero, perché i margini sono bassi, così come la produttività, figurarsi se è in declino! Il primo passo da compiere è la realizzazione di programmi tesi a riportare i dati confrontabili con quelli dei Paesi più vicini.
Inoltre, in un periodo di deserto demografico, col calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione bisogna accantonare quei settori dipendenti esclusivamente dal numero di persone che consumano un servizio, come gli ombrelloni e gli agriturismi, tanto per citarne alcuni. Si dovrebbe guardare ad ambiti il cui valore può crescere per mezzo del progresso tecnologico e dell’innovazione. Questo perché il sistema turistico nazionale si fonda su modelli tradizionali, esposti al calo demografico e alle oscillazioni della domanda, interna ed estera. Speriamo bene!