Migranti e Paesi sicuri, la Cassazione dà ragione ai magistrati: “Decreto si può disapplicare”

La Suprema Corte ha accolto una posizione espressa dal Tribunale di Roma: “Il giudice mantiene un potere di valutazione indipendente”.

Roma – La Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione ultima sui Paesi considerati sicuri per i migranti spetta al giudice, accogliendo una posizione espressa dal Tribunale di Roma. Con una sentenza depositata oggi, la Suprema Corte ha risposto a un rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Roma il 1° luglio 2024. La Prima Sezione civile ha sottolineato che il giudice ordinario è il garante dei diritti fondamentali del richiedente asilo nei singoli casi.

Tuttavia, la designazione dei Paesi sicuri rimane una prerogativa politica, in linea con la normativa europea. Pertanto, il giudice non può sostituirsi al Ministro degli Esteri né annullare il decreto ministeriale che stabilisce la lista dei Paesi sicuri con effetti generali.

La Corte ha precisato che, in base al quadro normativo precedente al decreto-legge del 23 ottobre 2024 n.158 e alla legge del 9 dicembre 2024 n.187, il giudice può comunque, durante l’esame specifico del caso, valutare la legittimità della designazione di un Paese come sicuro. Qualora emerga un contrasto evidente tra tale designazione e i criteri stabiliti dalla normativa europea o nazionale, il giudice può decidere di non applicare il decreto ministeriale in questione per il caso concreto.

La sentenza chiarisce che, in presenza di elementi concreti forniti dal richiedente asilo che dimostrino l’insicurezza del Paese d’origine nelle sue specifiche circostanze, il giudice mantiene un potere di valutazione indipendente. In tali situazioni, la classificazione governativa di un Paese come sicuro non è determinante e non si rende necessaria la disapplicazione formale del decreto ministeriale. Questo approccio garantisce l’effettività del ricorso e la tutela dei diritti del richiedente asilo, in conformità al principio di cooperazione istruttoria.

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