Dopo le polemiche nella norma resta solo un fondo da 500mila euro stanziato per le spese di trasferta dei ministri non eletti.
Roma – Le polemiche da quando era spuntato l’emendamento in manovra avevano dominato la scena politica. Ora salta dalla manovra l’equiparazione degli stipendi dei ministri non eletti con i loro colleghi
parlamentari. E’ quanto prevede un emendamento riformulato dei relatori. Nella norma resta solo un fondo da 500mila euro per il rimborso delle spese di trasferta dei ministri non eletti. In particolare la norma prevede che i ministri ed i sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma “hanno il diritto al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni”.
Per questo scopo viene istituito dal 2025 un fondo da 500mila euro presso la Presidenza del consiglio le cui risorse sono destinate alle amministrazioni interessate con un Dpcm su proposta del Ministro dell’Economia. L’ipotesi sul ritiro dell’emendamento circolava già da ieri. Il primo a parlare era stato il titolare della Difesa Guido Crosetto: “È assurdo lasciare anche solo un secondo di più di spazio alle polemiche sull’emendamento che parificava tutti i ministri e sottosegretari non parlamentari, ai deputati, riconoscendo i rimborsi spese. È così da oltre due anni e continuerà così fino a fine legislatura”, ha scritto su X.
“La cosa è giusta? Non penso perché non ha particolare senso che il ministro degli Interni o della Difesa debbano avere un trattamento diverso rispetto ad un loro sottosegretario, ma non è mai importato finora, né a me né ai miei colleghi. Per questo motivo abbiamo chiesto ai relatori di ritirarlo ed evitare inutili polemiche”, ha aggiunto. “Quello che non sarebbe comprensibile per nessuna altra professione e cioè che due persone che fanno lo stesso lavoro, nella stessa organizzazione, abbiano trattamenti diversi, per chi fa politica deve essere messo in conto”, ha scritto ancora.
Dopo l’attacco del Movimento 5 Stelle al titolare dell’Istruzione Giuseppe Valditara accusato di intascare grazie all’emendamento “un aumento pari quasi al quintuplo dello stipendio medio di un qualsiasi insegnante italiano”, il ministro ieri è tornato a ribadire di voler rinunciare al bonus. “Gli esponenti M5S in commissione Cultura della Camera dimostrano di non avere il senso della vergogna. Ho già annunciato pubblicamente – aveva aggiunto – che non intendo percepire i bonus a cui peraltro loro invece hanno diritto. Le loro dichiarazioni fanno sorgere il sospetto che più che scarsa informazione o banale demagogia vi sia malafede”.
Ma a stretto giro era arrivata la controreplica del Movimento: “Valditara sta ammettendo implicitamente che quella misura che comporta un aumento per i suoi colleghi non parlamentari pari a quasi 5 mensilità di un insegnante è una vergogna. A questo punto faccia un passo in avanti. Chiami Giuli, Crosetto e gli altri e suggerisca anche a loro di rinunciare. O meglio, già che c’è, si impegni a far ritirare al suo governo e alla sua maggioranza quell’emendamento vergognoso”.