Coinvolti ex esponenti di FdI e Lega. Favori alla cosca Tripodi: sequestrati 1,8 milioni. Perquisizioni in Lombardia, Calabria, Veneto e Lazio.
Brescia – Operazione contro la ‘ndrangheta a Brescia. Gli investigatori della polizia di Stato e i militari della guardia di finanza, coordinati dalla Dda della Procura della Repubblica di Brescia, stanno eseguendo 25 misure cautelari e il sequestro preventivo per oltre 1,8 milioni di euro in relazione ad un’associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista operativa in territorio bresciano. Tra le accuse: estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, usura, reati tributari e riciclaggio. Gli investigatori hanno contestato anche il reato di scambio elettorale politico mafioso. In particolare, le persone coinvolte nell’inchiesta avrebbero favorito la cosca calabrese Tripodi, “sia al fine di conseguire vantaggi patrimoniali illeciti che di mantenere e rafforzare la capacità operativa del sodalizio e la fama criminale del gruppo criminoso”.
Ai domiciliari sono finiti l’ex consigliere comunale di Brescia in quota Fratelli d’Italia Giovanni Acri e una religiosa, suor Anna Donelli, ritenuta “a disposizione del sodalizio per garantire il collegamento con i sodali detenuti in carcere” approfittando dell’incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie.
Ai domiciliari anche Mauro Galeazzi, ex esponente della Lega nel Comune di Castel Mella, nel Bresciano, arrestato in passato per tangenti e poi a scarcerato e assolto. Secondo le indagini della procura antimafia, a Galeazzi – ora ai domiciliari – si sarebbe rivolto Stefano Terzo Tripodi che gli avrebbe proposto “da candidato sindaco al Comune di Castel Mella, di procurargli voti in cambio dell’ottenimento di appalti pubblici in occasione delle consultazioni comunali di Castel Mella del mese di ottobre 2021”.
In corso anche numerose perquisizioni nelle province di Brescia, Reggio Calabria, Milano, Como, Lecco, Varese, Verona, Viterbo e Treviso.
I dettagli dell’operazione
Nei dettagli, la complessa indagine, avviata nel mese di settembre 2020, ha riguardato l’operatività, in territorio bresciano, della cosca Tripodi, originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte (RC), residente da anni in provincia e legata da rapporti federativi alla cosca “Alvaro”, egemone nella zona aspromontana compresa tra i comuni di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte. L’attività investigativa ha permesso di ricostruire l’organigramma del sodalizio che, facendo leva sulla forza di intimidazione che deriva dal vincolo associativo, avrebbe riprodotto, in territorio bresciano, una “locale” in grado di porre in essere le peculiari azioni che caratterizzano le associazioni di tipo mafioso, quali estorsioni, traffico di armi e stupefacenti, ricettazioni, usura e scambio elettorale politico-mafioso.
Il sodalizio aveva rapporti con altri gruppi criminali sempre di matrice ‘ndranghetista presenti nell’hinterland bresciano, tra i quali si sarebbe instaurato un rapporto di mutua assistenza finalizzato alla realizzazione di una moltitudine di condotte illecite. Il sodalizio mafioso aveva legami con i politici, all’insegna dello scambio elettorale politico-mafioso, ovvero l’impegno per il sostegno elettorale del clan con la futura promessa di reciproci illeciti vantaggi economici. I rapporti con i detenuti in carcere erano garantiti dal sostegno di persone fidate e insospettabili, come quello fornito dalla suora, che faceva da intermediario tra gli associati e soggetti in detenzione approfittando dell’incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie.
Oltre a tutto ciò, il sodalizio aveva promosso, costituito ed eterodiretto una pluralità di imprese “cartiere” e “filtro”, operanti nel settore del commercio di rottami che, nel periodo delle indagini, avrebbero emesso nei confronti di imprenditori compiacenti fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per un imponibile complessivo di circa 12 milioni di euro, al fine di consentire loro, al netto della provvigione spettante all’associazione, di beneficiare dell’abbattimento del reddito nonché di riciclare il denaro frutto dei reati perpetrati.