Le indagini dei militari di Bagheria (Palermo) hanno svelato il disegno della donna, incaricata da un facoltoso imprenditore italo-americano di occuparsi del figlio disabile.
Palermo – Confisca di beni per oltre due milioni di euro eseguita dalla Finanza nei confronti di una donna condannata in via definitiva per il reato di autoriciclaggio, mentre è stata prosciolta per prescrizione dall’accusa di circonvenzione di incapace, reato i cui fatti sono stati comunque provati in giudizio.
Le indagini condotte dalla compagnia di Bagheria tra il 2015 e il 2018, hanno svelato un articolato disegno che ha portato alla spoliazione patrimoniale di un imprenditore italo-americano benestante e di suo figlio disabile, erede universale dei beni. La responsabile, una badante di origine italiana originaria di Misilmeri.
L’imprenditore, già titolare di una catena di lavanderie negli Stati Uniti, era rientrato in Italia per trascorrere gli ultimi anni della sua vita con il figlio affetto da una grave patologia. Aveva incaricato la badante, tramite testamento, di occuparsi del figlio, lasciandole in eredità 31 cespiti immobiliari, tra terreni e appartamenti, alcuni dei quali con usufrutto riservato al figlio. A quest’ultimo erano state destinate polizze assicurative per un valore di oltre 2 milioni di euro.
Dopo la morte dell’imprenditore nel 2014, le indagini sono partite dalle denunce del perito del tribunale, che aveva rilevato come il giovane fosse incapace di esprimersi correttamente e di attribuire valore ai beni. La badante, consapevole delle investigazioni in corso, aveva cercato di influenzare il figlio dell’imprenditore affinché apparisse collaborativo durante le perizie giudiziarie, tentando di giustificare le donazioni a suo favore come volontarie e consapevoli.
Le indagini, supportate da intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno evidenziato questi tentativi di inquinamento delle prove. Inoltre, gli accertamenti bancari hanno dimostrato che la badante aveva fatto sbloccare le polizze del giovane e trasferito i fondi sui propri conti correnti tramite numerose operazioni.
Successivamente, con l’aiuto di un figlio convivente, ha reimpiegato le somme sui conti di una società ungherese costituita ad hoc, di cui era socia unica, per occultare la provenienza del denaro. Da qui, i fondi sono stati trasferiti ulteriormente, anche in Paesi extracomunitari, rendendo il loro tracciamento estremamente difficile.
Per questo motivo è stata disposta la confisca per equivalente dei profitti del reato. Il provvedimento in esecuzione mira a garantire all’Erario la quasi totalità delle somme. Saranno confiscati numerosi cespiti immobiliari intestati alla condannata e al suo nucleo familiare, nonché le disponibilità liquide sui conti correnti e ogni altra risorsa economica o finanziaria, comprese quelle presso terzi.