Cybersicurezza e stretta sui commenti dei giudici: oggi il decreto in Cdm

Azioni disciplinari e una norma sulle gravi ragioni di convenienza delle toghe e l’Antimafia coordinerà le indagini sui reati informatici.

Roma – Cybersicurezza e giustizia saranno i temi caldi del Cdm di oggi: dalla norma sulle “gravi ragioni di convenienza” per i magistrati ai poteri di impulso e al coordinamento sulle indagini che rientrano nel perimetro della sicurezza nazionale cibernetica, affidate alla Procura nazionale antimafia. Il nuovo ‘decreto cyber’ e azioni disciplinari per i magistrati che prendono posizioni pubbliche su un argomento di cui si occupano o di cui si occuperanno. Provvedimenti pronti a far discutere politica e toghe. Magistratura democratica ha già replicato duramente alle anticipazioni: “Il Governo propone un decreto legge perché sarebbe di ‘straordinaria necessità e urgenza’ impedire ai magistrati di partecipare al dibattito tra i giuristi, insieme ad avvocati e professori, sulle leggi. Se lo faranno dovranno poi astenersi dal trattare tutti i processi in cui dovesse essere applicata la legge di cui hanno discusso”.

“Questo farà sì che i magistrati, esperti di un settore del diritto, non potranno più parlarne, – prosegue la dura nota della corrente delle toghe – facendo venire meno il confronto con gli altri giuristi; significherà impedire ai magistrati di spiegare le norme ai loro colleghi nella Scuola superiore della magistratura”. Anche “Unicost esprime forte preoccupazione per la riforma dell’art. 2, comma 1, lettera c) del D.lgs 109/2006, che – sulla base delle ipotesi circolate –  introdurrebbe un nuovo illecito disciplinare per i magistrati: la mancata astensione in presenza di ‘gravi ragioni di convenienza’. Questa formulazione vaga, a differenza della giurisprudenza consolidata che richiede un conflitto di interessi, rischia di avere effetti distorsivi. L’introduzione del concetto di ‘convenienza’, senza un chiaro riferimento al conflitto di interessi, crea un’ambiguità pericolosa”, si legge in una nota.

Palazzo Chigi

“Invece di chiarire e codificare la giurisprudenza esistente, la norma rischia di sanzionare i magistrati per le loro opinioni scientifiche o per interpretazioni costituzionalmente orientate delle leggi. I magistrati, in quanto qualificati operatori del diritto, – aggiunge Unicost – contribuiscono al dibattito sulle riforme, anche con interventi critici, in convegni e pubblicazioni. Sanzionare disciplinarmente le loro opinioni in virtù di una presunta ‘convenienza’ ad astenersi limiterebbe la libertà di espressione e inaridirebbe il confronto tra magistratura, avvocatura, accademia e politica. Inoltre, la nuova norma incentiverebbe le astensioni cautelative da parte dei magistrati, per evitare sanzioni disciplinari, con conseguente rallentamento dell’attività giudiziaria. Unicost apprezza l’intenzione del Governo di codificare la giurisprudenza in materia di astensione. Tuttavia, sollecita un intervento correttivo urgente affinché la norma preveda la sanzione disciplinare solo in caso di mancata astensione in presenza di un conflitto di interessi, come affermato dalla Corte di Cassazione. Solo così si garantirà l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura, evitando le pericolose derive interpretative della nuova norma”, si legge ancora. 

Secondo la bozza del documento, all’articolo 4 del decreto viene introdotta una nuova tipologia di illecito disciplinare per i magistrati, che si verificherebbe quando c’è “la consapevole inosservanza del dovere di astensione nei casi in cui è espressamente previsto dalla legge l’obbligo di astenersi o quando sussistono gravi ragioni di convenienza”. In caso di azione disciplinare del ministro, come da prassi spetterebbe poi alla sezione disciplinare del Csm decidere se infliggere una sanzione. La nuova norma, che alimenta il braccio di ferro governo-toghe, si aggiungerebbe quindi all’insieme dei casi che riguardano gli illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni dei magistrati. 

L’introduzione del concetto ampio di “gravi ragioni di convenienza” – secondo fonti dell’Esecutivo – fa seguito, tra le altre considerazioni, ad un’interpretazione già manifestata dalla maggioranza secondo cui il ministro debba avere la facoltà di promuovere azioni disciplinari quando un magistrato, che si occupa di determinate norme ed argomenti, prende posizioni pubbliche su quegli stessi temi. Il decreto che andrà in Cdm oggi conterrebbe anche aspetti sul coordinamento delle indagini che rientrano nel perimetro della sicurezza nazionale cibernetica. In uno dei passaggi della bozza si fa riferimento ai “poteri di impulso” della Direzione investigativa antimafia per le indagini che riguardano reati cyber contro strutture strategiche nazionali: un tipo di fascicolo che andrebbe quindi in carico alla Procura nazionale antimafia mentre al Viminale, come già previsto, spetta la prevenzione e il controllo su questo tipo di fenomeni.

Nella bozza è anche previsto l’arresto obbligatorio in flagranza “nel caso di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico in sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico”. Il decreto proroga anche l’incarico del commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, che resta quindi fino al 31 dicembre 2026: entro il 30 giugno di ogni anno dovrà trasmettere ai ministri di Giustizia, Infrastrutture ed Economia una relazione sullo stato di attuazione del programma. Il provvedimento, di 12 articoli, contiene anche norme su crisi d’impresa e insolvenza, proroga del termine per le elezioni dei consigli giudiziari e del consiglio direttivo della Corte di cassazione, disposizioni in materia di magistrati assegnati ai procedimenti in materia di famiglia e disposizioni in materia di funzioni e compiti dei giudici onorari di pace.

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