Roccella difende l’assegno unico contro la minaccia della procedura d’infrazione Ue

La ministra attacca opposizione: “Amplificatrice di false notizie, ora sussulto di patriottismo a difesa di una misura di politica sociale”.

Roma –  La ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità Eugenia Roccella difende la misura dell’assegno unico, ma c’è una minaccia che arriva dall’Europa. Una “minaccia – spiega – che non proviene da critiche interne, ma dalla procedura di infrazione avviata dall’Unione Europea. “L’unica vera minaccia è la procedura di infrazione europea, giunta alla Corte di Giustizia”, ha affermato la ministra rispondendo a un’interrogazione della Lega sulle iniziative per salvaguardare l’istituto dell’assegno unico e universale in relazione alle contestazioni che arrivano da Bruxelles. Roccella ha evidenziato il rischio concreto che la controversia possa compromettere i conti pubblici italiani.

L’assegno unico “è discriminatorio”, aveva scritto la Commissione Europea che a agosto aveva deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori mobili di altri Stati membri dell’Ue in relazione alle prestazioni familiari loro concesse. In una nota la Commissione aveva ricordato che a marzo 2022 l’Italia ha introdotto un nuovo regime di assegni familiari per figli a carico (“Assegno unico e universale per i figli a carico”), in base al quale i lavoratori che non risiedono in Italia per almeno 2 anni o i cui figli non risiedono in Italia non possono beneficiare della prestazione.

La ministra Eugenia Roccella

Su quella decisione il Governo, attacca Roccella, “non ha potuto contare sul sostegno dell’opposizione, che nel migliore di casi ha taciuto”. L’esecutivo ha condotto “un’intensa interlocuzione con le strutture europee, che fin qui non ha dato esito positivo”, ha detto la ministra ribadendo: “Difenderemo l’assegno unico continuando a confidare in un sussulto di patriottismo delle forze che erano maggioranza che oggi è stata scritta e che oggi si voltano incredibilmente dall’altra parte”. E ancora, sull’assegno unico, ci sono state “false notizie che si sono rincorse nella tarda estate a cui l’opposizione si è prestata come amplificatore. È stato detto infatti che il Governo avrebbe intaccato l’assegno unico, ne avrebbe messo in dubbio l’universalità, addirittura lo avrebbe cancellato”. Il governo invece “fin dal primo giorno ha potenziato l’assegno unico, portando la spesa annuale da 16 a 20 miliardi di euro e correggendone alcune storture”.

“Si richiede l’eliminazione del requisito della residenza, ad oggi fissato in due anni, e anche del requisito alternativo della durata minima di sei mesi del contratto di lavoro in Italia, e si pretenderebbe l’accesso all’assegno unico anche per chi ha figli residenti all’estero” ha continuato Roccella, aggiungendo che “a tutto ciò in nome dell’assunto di fondo che si tratterebbe di una mera misura di sostegno al reddito e non di un intervento con ricadute demografiche, e con il rischio potenziale, per una serie di possibili implicazioni procedurali e giudiziarie, di veder ampliare a dismisura la platea degli aventi diritto”.

Inoltre, la Legge di Bilancio prevede un ulteriore investimento di oltre un miliardo e mezzo per famiglie e natalità, a dimostrazione dell’impegno del governo a sostegno delle famiglie italiane. La ministra ha concluso ribadendo la fiducia nel superamento della procedura di infrazione e nella definitiva affermazione dell’Assegno Unico come strumento fondamentale di politica sociale. La Commissione invece “ritiene che tale regime non sia compatibile con il diritto dell’UE in quanto costituisce una discriminazione nei confronti dei lavoratori mobili dell’Ue“. Infatti “uno dei principi fondamentali dell’Unione è quello della parità di trattamento delle persone, senza distinzioni basate sulla nazionalità. Secondo questo principio di base, i lavoratori mobili dell’Ue che contribuiscono allo stesso modo al sistema di sicurezza sociale e pagano le stesse tasse dei lavoratori locali hanno diritto alle stesse prestazioni di sicurezza sociale”.

Per la Commissione il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori mobili costituisce una discriminazione e viola il diritto dell’UE in materia di coordinamento della sicurezza sociale (regolamento 883/2004) e di libera circolazione dei lavoratori (regolamento 492/2011 e articolo 45 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea). La Commissione ha inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia nel febbraio 2023, cui ha poi fatto seguito un parere motivato nel novembre 2023. “Poiché la risposta dell’Italia non ha tenuto sufficientemente conto dei rilievi della Commissione, quest’ultima ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea” si era sottolineato da Bruxelles.

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