Migranti in Albania, il Viminale fa ricorso contro la sentenza del Tribunale di Roma

Decisione rimessa alla Cassazione. Per il ministero dell’Interno l’ordinanza è viziata: “non applica la norma italiana sui Paesi sicuri”.

Roma – Il Viminale ha dato mandato all’Avvocatura dello Stato di preparare i ricorsi in Cassazione contro la sentenza del Tribunale capitolino che ha bocciato il trattenimento dei 12 migranti in Albania, trasferiti in Italia dopo la mancata convalida. Il nodo posto dal Viminale è la mancata applicazione della norma italiana sui Paesi sicuri. La decisione del ministero dell’Interno arriva all’indomani del decreto legge emanato dal governo che ha stilato i 19 Paesi sicuri. Dopo il Cdm il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva sottolineato che “il decreto diventa fonte primaria l’indicazione dell’elenco di 19 Paesi sicuri sugli originali 22: abbiamo tenuto conto dell’integrità territoriale ed escluso Camerun, Colombia e Nigeria”.

Sostiene il Viminale che l’ordinanza in questione travisa la sentenza del 4 ottobre della Corte di giustizia europea, e che la Cedu avrebbe stabilito che non possono essere ritenuti “sicuri” quei Paesi in cui ci siano zone insicure o ci siano pericoli per determinati gruppi quali omosessuali, minoranze, dissidenti, oppositori politici, attivisti per i diritti umani. Così è per Bangladesh ed Egitto da dove provenivano i 12 migranti trasferiti in Albania, come da schede ufficiali della Farnesina. Non tanto per porzioni geografiche instabili, quindi, ma per gruppi determinati di popolazione.

Il centro di prima accoglienza allestito a Shengyin in Albania

Tutto è iniziato dopo che il 17 ottobre la sezione immigrazione del tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento di dodici dei sedici stranieri trasportati al Cpr di Gjader, in Albania, dalla nave Libra della Marina militare italiana. L’accordo tra Roma e Tirana prevedeva infatti l’invio di migranti considerati non vulnerabili (senza evidenti condizioni di fragilità) esclusivamente dai “Paesi sicuri”, quelli in cui secondo l’esecutivo vengono rispettati diritti e democrazia. Il tribunale di Roma ha quindi espresso “il diniego” della convalida dei trattenimenti e menzionato come base giuridica la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea – richiesta da un tribunale della Repubblica Ceca – del 4 ottobre.

Una “impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera”, è stato il verdetto del tribunale di Roma. Dopo il decreto i Paesi considerati sicuri sono: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. Dieci dei migranti provenivano infatti dal Bangladesh, mentre altri sei dall’Egitto. Entrambi gli Stati sono presenti nel nuovo elenco dei “Paesi sicuri”.

I giudici del Tribunale di Roma, competente sulle procedure del protocollo Italia-Albania, hanno inviato alla Cassazione un quesito pregiudiziale a luglio scorso, ancora prima della sentenza della Corte Ue di Lussemburgo del 4 ottobre scorso. Secondo il Messaggero, la pronuncia della Cassazione è attesa per prossimo 4 dicembre e dovrà decidere se i giudici dei Tribunali possono mantenere una certa discrezionalità nella denominazione di Paese sicuro o dovranno semplicemente attenersi alla lista del governo.

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