Le nuove regole per creare una cornice giuridica certa, che non lasci spazio alle interpretazioni dei giudici sui rimpatri degli immigrati.
Roma – Il Consiglio dei ministri, come si apprende da fonti di governo, ha approvato un decreto legge in materia di migranti. Il provvedimento dovrebbe rendere norma primaria l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio, e non più secondaria, come è invece il decreto del ministro degli Esteri, di concerto con quelli di Interno e Giustizia, con cui finora è stato annualmente aggiornato l’elenco. L’intento è quello di fornire all’accordo Italia-Albania sui migranti una cornice giuridica certa, che non lasci spazio alle interpretazioni dei giudici.
Dopo lo stop della magistratura al trasferimento dei migranti in Albania, la premier aveva annunciato per oggi un decreto sui paesi sicuri. A rendere ancora più teso il clima con i giudizi e con l’opposizione, una mail di un giudice di Magistratura democratica ai suoi colleghi in cui definisce la premier ‘pericolosa’. La stessa presidente del Consiglio rilancia uno stralcio della mail del magistrato Marco Patarnello, pubblicata da Il Tempo con il titolo ‘Meloni oggi è un pericolo più forte di Berlusconi. Dobbiamo porre rimedio’. Mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella continua a invitare alla prudenza e al dialogo tra le istituzioni e la Cei si scaglia contro i centri all’estero “i migranti non sono pacchi”, Giorgia Meloni è andata avanti inserendo dei correttivi alla legge per evitare altri casi Albania che ha visto il rientro dei 12 migranti proveniente da Egitto e Bangladesh.
Si tratta di paesi non sicuri secondo una precedente sentenza europea che pertanto non possono essere rimpatriati, seppure arrivati nel nostro paese irregolarmente. Tra i punti da affrontare con il provvedimento ci sono la lista dei paesi sicuri dove rimpatriare i migranti e l’introduzione di un secondo grado di giudizio verso quelle sentenze che non convalidano il trattenimento dei migranti.
Il governo difende il piano Albania e la premier tira dritto. Vuole “sfidare” la Corte di giustizia europea e i giudici inserendo già nel decreto legge dei punti chiave. Un provvedimento per rendere norma primaria, e non più secondaria come il decreto interministeriale, l’indicazione dei Paesi sicuri, quelli verso cui è più facile disporre i rimpatri. Si è puntato anche su un altro aspetto: ossia i ricorsi contro le decisioni sul trattenimento nei cpr, e si sta valutando di farlo con le Corti d’Appello. Una soluzione già introdotta, per le richieste d’asilo, con il recente decreto flussi, e che ha generato l’allarme dei 26 presidenti delle Corti d’Appello, alle prese con organici ridotti e sovraccarico di cause. Si andrebbero così a toccare due elementi della sentenza del Tribunale di Roma, “abnorme” per il guardasigilli Carlo Nordio.
“La magistratura non ha compiti politici ma di rispetto dei diritti e delle garanzie delle persone”, puntualizza il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, che vede “minacce” nelle parole di Nordio e denuncia “toni di aggressione al lavoro giudiziario che non hanno precedenti”. Sono ancora in corso approfondimenti sul testo del decreto, si lavorerà fino all’ultimo e non è del tutto escluso che serva più tempo per limare l’intervento. E non è detto che basti a evitare nuove pronunce come quelle di Roma. Ma, secondo i ragionamenti che si fanno in maggioranza, dietro il provvedimento c’è anche “un messaggio politico”, e l’intenzione è comunque di “andare avanti” per salvaguardare il principio delle procedure di rimpatrio accelerate e non vanificare le intese internazionali con i relativi investimenti.
Il Quirinale in questo momento segue attentamente l’evolversi della situazione ma, come sempre, si esprime sugli atti. Al Colle si attende di conoscere il contenuto del decreto legge e – come si evince anche dall’invito alla prudenza lanciato da Sergio Mattarella nel discorso a Bari – l’attenzione va al di là dello scontro fra governo e magistrati, anche ai risvolti europei della questione. Tanto più perché al centro c’è il tema della gestione delle migrazioni, in cima all’agenda della nuova Commissione Ue. La premier a poche ore dal Cdm sui migranti non molla: “Finché avremo il sostegno dei cittadini, continueremo a lavorare con determinazione, a testa alta, per realizzare il nostro programma e aiutare l’Italia a crescere, diventare forte, credibile e rispettata. Lo dobbiamo agli italiani, a chi ci ha scelto e a chi, pur non avendo votato per noi, spera che facciamo bene il nostro compito. Al lavoro, senza sosta, senza paura”, scrive su Facebook Meloni.
Intanto trapela che la Commissione Europea sta “guardando” alla possibilità di stilare una lista Ue dei Paesi terzi considerati sicuri, che attualmente non esiste (ogni Paese stila la propria), ma “è presto” per parlare di tempi per arrivare ad una decisione. Lo dicono i portavoce della Commissione, a Bruxelles durante il briefing con la stampa. Tuttavia, aggiunge il portavoce capo Eric Mamer, “prima dobbiamo avere un collegio dei commissari in carica. E’ un processo in corso, quindi è un po’ presto per iniziare a pensare alla tempistica”
di una decisione simile. L’accordo Italia-Albania sta incontrando difficoltà proprio a causa del concetto di Paese terzo sicuro, così come delineato da una recente sentenza della Corte di Giustizia Ue.