Rivolta nel carcere di Foggia: l’ira della polizia penitenziaria “Nessuno pagherà”

Pilagatti denuncia una situazione fuori controllo: “Per un poliziotto per un minimo schiaffo scattano arresti e sospensioni, e i detenuti?”.

Foggia – “Una serata da incubo” si è vissuta ieri sera nel carcere pugliese dove, come riferisce Federico
Pilagatti, segretario nazionale del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, si è verificata una sorta di rivolta con i detenuti che avrebbero tentato di uscire dai reparti. “Ormai gli atti di violenza e prepotenza dei detenuti ristretti a Foggia – spiega – scattano per qualsiasi banale motivazione, poiché l’arroganza il disprezzo delle regole, sono diventate pane quotidiano per colpa del Dipartimento amministrazione penitenziaria, che praticamente lascia impuniti i colpevoli di tali azioni, nonché mantiene il carcere sovraffollato con circa 700 detenuti per 360 posti e con circa un centinaio di poliziotti in meno rispetto a quelli necessari”.

La sommossa è partita verso le 22 di ieri sera dopo la richiesta “di un intervento da parte di un infermiere da parte di alcuni detenuti ristretti in un reparto. Nonostante l’agente in servizio che gestiva due reparti si fosse prodigato per far intervenire il prima possibile il parasanitario – continua il rappresentante sindacale – i responsabili dell’azione cruenta lanciavano il letto in ferro contro il cancello della stanza che veniva scardinato riuscendo ad uscire sul corridoio. A questo punto tutti i detenuti del reparto iniziavano a
sbattere violentemente le pentole contro le inferriate
delle stanze provocando un caos indescrivibile. Fortunatamente e con grande coraggio – evidenzia Pilagatti – il poliziotto in servizio, mentre lanciava l’allarme, chiudeva il cancello di sbarramento dell’ingresso nel reparto. I detenuti non contenti della loro azione lanciavano contro il cancello di sbarramento del reparto come un ariete un carrello in acciaio utilizzato per il trasporto di vivande e altro”.

Purtroppo, prosegue la nota, “anche questo cancello veniva scardinato e riuscivano a guadagnare l’ingresso nella rotonda del 1° piano e, non potendo entrare nell’altra sezione attigua a quella occupata da loro,
scendevano le scale per superare il cancello al fine di guadagnare l’uscita dalle sezioni detentive. Cosa che non gli riusciva poiché l’agente di servizio – sottolinea- aveva provveduto a chiudere anche tale cancello che a questo punto era diventato impenetrabile. A questo punto i detenuti, non avendo altre possibilità risalivano nei reparti incitando altri ristretti a rivoltarsi. Nel frattempo giungevano i rinforzi, ridotti a causa della grande carenza di personale, che con grande professionalità e coraggio riuscivano a ripristinare l’ordine nelle due sezioni, nonostante il bilancio di alcune stanze inutilizzabili a causa dei cancelli scardinati”.

Le rivolte nelle carceri sono ormai all’ordine del giorno. I primi di settembre la rivolta nel carcere minorile milanese Beccaria, che è stata solo la punta dell’iceberg di una situazione incandescente degli istituti di pena italiani più volte al centro di denunce e polemiche politiche. Nonostante l’approvazione del decreto carceri che puntava a disinnescare la “bomba” esplosa dietro le sbarre, da Nord a Sud, le cronache quotidiane raccontano di un sistema ormai al collasso. E mentre al Beccaria si vedevano scene da far west, a Agrigento c’era un’altra rivolta. Nuovi disordini al carcere ‘Pasquale Di Lorenzo’: quattro detenuti catanesi avevano distrutto la cella di transito e poi appiccato il fuoco nel reparto. L’intervento degli agenti di polizia penitenziaria aveva riportato la calma. Nessuno era rimasto ferito, come riferito dal sindacato Sappe che aveva annunciato un sit-in di protesta davanti alla prefettura di Agrigento per il 21 settembre.

Ma tornando a Foggia, “purtroppo i responsabili di tale eventi – continua Pilagatti – non pagheranno quasi per nulla (come quasi accaduto finora) poiché sanno che non verranno puniti adeguatamente né dalla
magistratura che dall’amministrazione penitenziaria, poiché per un poliziotto anche per un minimo schiaffo scattano arresti e sospensioni immediate dal servizio, mentre per i detenuti che compiono questi gesti violenza e prepotenza inaudita nessun provvedimento restrittivo immediato e né tantomeno applicazione delle leggi che ci sono nei confronti dei detenuti che mettono a rischio la sicurezza delle carceri oppure massacrano di botte, con danni permanenti i poliziotti; forse perché la vita di un servitore dello Stato vale ‘zero’ mentre quella dei delinquenti 1000?”.

Basterebbe, si conclude, “che si applicassero l’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario carcere più duro, isolamento senza benefici, e l’articolo 32 sempre dello steso ordinamento che prevede il trasferimento immediato in sezioni specifiche in luoghi distanti – sostiene Pilagatti – e la violenza si ridurrebbe di molto.
Perché il Ministro Nordio, il vice Ministro Sisto, i sottosegretari Ostellari e Delmastro, benché a conoscenza di queste violazioni da parte del DAP poichè denunciate dal Sappe, non intervengono?”.

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