I giudici di Roma rimpatriano i migranti dall’Albania: devono tornare in Italia, è caos

Furibonda la reazione di FdI: “In aiuto della sinistra parlamentare arriva quella giudiziaria”. Lega: “Magistrati si candidino a elezioni”.

Roma – La sezione immigrazione del tribunale capitolino non ha convalidato il trattenimento dei migranti all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader in Albania. “In ragione dei principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, il Paese di origine del trattenuto (Bangladesh) non può essere riconosciuto come Paese sicuro”, scrivono i giudici in una delle ordinanze con cui non hanno convalidato i provvedimenti di trattenimento di alcuni migranti portati nel Cpr italiano di Gjader, in Albania. Una decisione che scatena le ire di Fratelli d’Italia e Lega contro la magistratura politicizzata e dell’opposizione contro il governo dei “lager”. Ed è caos totale. Si rincorrono tanti interrogativi su cosa accadrà da qui in poi.

La replica della presidente del Consiglio non tarda a arrivare. “È molto difficile lavorare e cercare di dare risposte a questa nazione quando si ha anche l’opposizione di parte delle istituzioni che dovrebbero aiutare a dare risposte”. È il commento del premier Giorgia Meloni, in un punto stampa a Beirut, definendo “pregiudiziale” la decisione dei giudici di Roma sui migranti in Albania. “Non credo sia competenza della magistratura definire quali sono Paesi sicuri e quali no. È competenza del governo, quindi credo che il governo debba chiarire meglio cosa si intende per Paese sicuro”. 

I centri migranti in Albania

Interviene anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Sono abituato a rispettare le decisioni del potere giudiziario ma vorrei anche venissero rispettate le decisioni del potere esecutivo e legislativo, perché una democrazia si basa sulla tripartizione dei poteri. Il potere giudiziario deve applicare le leggi, non modificarle o impedire all’esecutivo di poter fare il proprio lavoro. Il potere viene sempre dal popolo, che ha scelto questo Parlamento e questo governo. La volontà del popolo va sempre rispettata. Andremo avanti con quanto ha detto la presidente von der Leyen, per la quale l’accordo tra Italia e Albania è un modello da seguire”.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi pur nutrendo “rispetto per i giudici” avverte: “Noi la battaglia la faremo all’interno dei meccanismi giudiziari. Battaglia nel senso di affermazione in punto di diritto internazionale europea e nazionale. Ricorreremo e arriveremo fino alla Cassazione. Qui si nega il diritto del governo di attivare procedure accelerate: fare in un mese quello che altrimenti avviene in tre anni”. “In caso di non convalida del provvedimento e di mancanza di titolo di permanenza nelle strutture albanesi” si legge nel provvedimento “comporta che lo stato di libertà può essere riacquisito soltanto per il tramite delle Autorità italiane e fuori del territorio dello Stato albanese, delineandosi di conseguenza, in assenza di
alternative giuridicamente ammissibili, il diritto del richiedente protezione a riacquisire lo stato di libertà
personale mediante conduzione in Italia”
.

“I trattenimenti non sono stati convalidati in applicazione dei principi, vincolanti per i giudici nazionali e per la stessa Amministrazione, enunciati dalla recente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 4 ottobre 2024 a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica Ceca”, spiegano i magistrati. Una pronuncia con cui il governo dovrà fare i conti. Ora ci si chiede quale sia il destino dei dodici migranti (otto del Bangladesh e quattro egiziani) che secondo i giudici devono essere rimessi in libertà in Italia. I giudici sono chiari: “Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane è dovuto all‘impossibilità di riconoscere come ‘paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”.

La reazione di Fratelli d’Italia è furibonda:  “Assurdo! Il tribunale non convalida il trattenimento dei migranti in Albania. In aiuto della sinistra parlamentare arriva quella giudiziaria”. Lo si legge in un post sul profilo X del partito della premier Meloni, in una grafica con una toga di colore rosso. “Alcuni magistrati politicizzati hanno deciso che non esistono Paesi sicuri di provenienza: impossibile trattenere chi entra illegalmente, vietato rimpatriare i clandestini – afferma ancora il messaggio sui social -. Vorrebbero abolire i confini
dell’Italia, non lo permetteremo”.
Duro attacco anche della Lega contro i giudici di Roma: “Proprio nel giorno dell’udienza del processo Open Arms contro Matteo Salvini, l’ordinanza che non convalida il trattenimento degli immigrati in Albania è particolarmente inaccettabile e grave. I giudici pro-immigrati si candidino alle elezioni, ma sappiano che non ci faremo intimidire”.

Nell’opposizione le reazioni non sono più soft, ma contro il governo: i parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Politiche Ue di Camera e Senato attaccano: “Giorgia Meloni deve chiedere scusa agli
italiani,
a partire da quelli che l’hanno votata, per averli raggirati con una truffa. Perché di questo si tratta: una truffa da centinaia di milioni di euro con cui Meloni, dopo essersi resa conto di non poter attuare il folle blocco navale promesso in campagna elettorale, ha voluto far credere agli italiani di aver trovato il modo di tenere lontani gli immigrati spedendoli oltremare”. 

“Il ministro Piantedosi e l’intero governo Meloni – scrive su X Nicola Fratoianni di Avs – dovrebbero di tasca loro rimborsare lo Stato per i soldi pubblici sprecati in questi giorni per l’inutile deportazione di 16 persone in Albania. E proprio a queste persone dovrebbero poi chiedere scusa pubblicamente. La propaganda, anche la più cinica e feroce, può ben poco contro la realtà e contro le leggi”. Gli avvocati Silvia Calderoni, Paolo Iafrate e Arturo Salerni che rappresentano un migrante, sottolineano che il Tribunale di Roma “non ha
convalidato il trattenimento del nostro assistito,
un bengalese richiedente protezione internazionale, ritenendo di disapplicare la qualifica di paese terzo di origine sicura sulla base della sentenza della Corte di Giustizia Ue dello scorso 4 ottobre. Poichè il Bangladesh non può essere, alla luce di tale giurisprudenza
considerato automaticamente un paese sicuro, il trattenimento è privo di titolo”.

I centri migranti in Albania

‘L’insussistenza, come esposto, del presupposto necessario per la procedura di frontiera e per il trattenimento determina l’assenza di un titolo di permanenza del richiedente protezione nelle strutture di
cui all’art. 4, comma 1, del Protocollo e all’art. 3, comma 4, della Legge di ratifica. Il giudizio di convalida dei trattenimenti è uno strumento di garanzia, necessaria per principio costituzionale, dello status libertatis, che deve, quindi, essere riacquisito in caso di non-convalida. In forza del Protocollo, in caso di non convalida del
trattenimento e di mancanza del titolo di permanenza nelle strutture albanesi,
come nel presente caso, lo status libertatis – spiegano – può essere riacquisito soltanto per il tramite delle Autorità italiane e fuori del territorio dello Stato albanese, delineandosi di conseguenza, in assenza di alternative giuridicamente ammissibili, il diritto del richiedente protezione a riacquisire lo stato di libertà personale mediante conduzione in Italia”.

”Le autorità italiane, hanno quindi il dovere di riportare in Italia le persone trattenute e così consentire loro l’esercizio del diritto di asilo sul territorio italiano”, concludono i legali. A determinare la sentenza di rigetto dell’asilo potrebbe essere stato proprio il fatto che i migranti arrivino da Egitto e Bangladesh, Paesi che l’Italia ha inserito nella lista di quelli sicuri. Un pronunciamento criticato dai parlamentari delle opposizioni e da enti umanitari. Per Rachele Scarpa – deputata del Partito democratico, c’è stata “una rapidità delle procedure inedita e forse che non vedremo più. La sentenza della Corte di giustizia europea è stata chiara e fa scuola”. la Corte ha stabilito che, a prescindere dal fatto che lo Stato riconosca quel Paese sicuro o meno, il rimpatrio si valuta caso per caso. E secondo Scarpa non si può pensare che l’Egitto possa essere “sicuro” per uno dei giovani, che ha raccontato di essere fuggito dal servizio militare obbligatorio.

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