La corsa della Cina per i “chips cerebrali”: così si connette l’umano al computer

Presentata la BCI, un’interfaccia neurale con cui una scimmia ha potuto controllare un braccio robotico solo con il pensiero.

Roma – Anche la Cina partecipa alla corsa per i “chips cerebrali”. Nel maggio scorso, una notizia è rimbalzata nel web suscitando prima stupore e poi scompiglio. La Cina si sta mettendo alla pari con l’occidente industrializzato, sviluppando le interfacce neurali. Vista la sua storia costellata da totale assenza di trasparenza e democrazia nelle decisioni politiche, molti hanno storto la bocca, nutrendo dubbi.

Un’azienda cinese ha presentato la BCI (Brain-computer interface), un’interfaccia neurale con cui una scimmia ha potuto controllare un braccio robotico col pensiero. Una volta, argomenti del genere erano possibili solo nei romanzi di fantascienza; ora sono fatti concreti e reali. L’agenzia di stampa cinese “Xinhua”, con tono orgoglioso e perentorio, ha diramato un comunicato secondo cui il sistema, realizzato da Nei Cyber NeuroTech e dall’Istituto cinese per la ricerca sul cervello, considera probabile l’immissione di filamenti di elettrodi nel cervello umano.

Non si tratta di una novità, poiché già negli USA sono stati studiati sistemi similari, tanto che persone afflitte da paralisi riescono a gestire bracci robotici. Aziende come “Neuralink”, la biotech di Elon Musk (il magnate fondatore della compagnia aerospaziale SpaceX, cofondatore di Neuralink e OpenAI, nonché amministratore delegato della multinazionale automobilistica Tesla e, infine, proprietario di X), stanno cercando di mettere sul mercato la tecnologia.

Il timore manifestato in occidente è dovuto al fatto che la Cina sembrava indietro su questa tecnologia. Invece, pare che stia recuperando terreno a vista d’occhio. L’allarme è, tuttavia, scattato a causa dell’impegno della Cina per il BCI non invasivo per finalità non cliniche. Il fatto è ancora più preoccupante se si pensa che tra le linee guida del Partito comunista cinese diramate nel febbraio 2024 si parlava di utilizzo del BCI per il miglioramento cognitivo degli individui sani, in particolare nella modulazione dell’attenzione, nella regolazione del sonno e della memoria.

Per fare cosa? Una prospettiva del genere non può che far scorrere brividi nella schiena di ogni comune mortale! Il Partito comunista cinese ha tenuto a precisare che “le BCI non dovranno interferire in modo significativo sull’autonomia umana e la consapevolezza di sé”. D’altronde, anche negli USA si stanno studiando BCI da utilizzare nel potenziamento cognitivo, ad esempio nel miglioramento della concentrazione e dell’attenzione.

Secondo il Dipartimento di Affari Internazionali del Georgia Institute of Technology, USA, la grande preoccupazione per l’occidente è che la Cina mira a unire il comparto militare con quello commerciale. Mentre le aziende occidentali stanno investendo risorse finanziarie in ricerche per le tecnologie utilizzabili a favore dei disturbi cerebrali, la Cina sta andando oltre, cercando di simulare l’intelligenza umana e di mettere in comunicazione gli esseri umani con le macchine.

A causa del suo sistema politico-organizzativo, la Cina ha la possibilità di diffondere in modo capillare le tecnologie BCI, sia dal punto di vista militare che commerciale. I più pessimisti ritengono che unificare l’intelligenza umana con quella delle macchine potrebbe trasformare la natura della guerra. Altro che fantascienza; si è già oltre. Essa è diventata realtà e delle più pericolose, anche. L’aspetto ancora più drammatico è che il processo è ormai inarrestabile e non si può frenare in alcun modo, democrazie o dittature che siano!

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