Tar annulla la nomina di Marina Finiti a presidente Tribunale Sorveglianza Roma

Il Tribunale ha accolto il ricorso della concorrente Vittoria Stefanelli: il Csm dovrà riformulare il giudizio comparativo sulle candidature.

Roma –  È nulla la nomina di Marina Finiti quale presidente del tribunale di Sorveglianza della Capitale; il Csm dovrà riformulare il giudizio comparativo tra la stessa Finiti e la giudice Vittoria Stefanelli. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha accolto un ricorso della stessa Stefanelli. La ricorrente censurava il giudizio comparativo svolto dal Csm, ritenendo che le motivazioni addotte a sostegno della prevalenza della dottoressa Finiti fossero “illegittime, illogiche ed errate”.

“Nel peculiare caso di specie – si legge nella sentenza – appare viziata l’analisi svolta dal Csm con riguardo agli indicatori generali della ricorrente. Ciò ha, conseguentemente, inficiato anche il giudizio di comparazione delle due concorrenti con riferimento a tale parametro. In primo luogo, la delibera impugnata ha ricostruito in modo errato la complessiva esperienza professionale della ricorrente” con riguardo al parametro generale delle esperienze maturate nel lavoro giudiziario; la delibera, infatti, sarebbe “viziata dalla mancata considerazione di una parte essenziale della sua complessiva esperienza professionale, ossia i 10 anni e 6 mesi durante i quali essa ha svolto funzioni di sorveglianza presso il Tribunale di Roma dal 2012 al 2022″.

Il plenum del Csm

Sotto un ulteriore profilo, “appare viziata da carenza istruttoria la valutazione espressa sull’esperienza maturata dalla ricorrente in fuori ruolo presso l’Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia per 7 anni e 8 mesi (da marzo 1994 a novembre 2001)”; nella delibera contestata, infatti, “è stato omesso l’esame di una serie rilevante di adempimenti di cui si è occupata la ricorrente”. E risulta infine anche fondato “l’ulteriore profilo di censura inerente alla valutazione espressa dal Csm con riferimento alle esperienze di collaborazione della gestione degli uffici da parte della ricorrente”, essendoci stata una “irragionevole e contraddittoria svalutazione della rilevanza dell’esperienza vicariale della ricorrente”.

Alla fine per il Tar “va annullato il conferimento dell’incarico direttivo in contestazione nel presente giudizio”; e “in esecuzione della presente sentenza, il Csm dovrà riformulare il giudizio comparativo in conformità a quanto accertato nel presente giudizio”. E’ stata la Corte di Cassazione, nel 2012, con la sentenza numero 3622 ad affermare che il giudice amministrativo non invade la sfera di competenza del Consiglio superiore della magistratura quando esprime un giudizio comparativo tra i curricula professionali di due candidati in competizione. La Suprema Corte ha respinto il ricorso del Csm e ha espresso il principio di diritto.

In particolare, “non eccede dai limiti della propria giurisdizione il giudice amministrativo se, chiamato a vagliare la legittimità di una deliberazione con cui il Csm ha conferito un incarico direttivo, si astenga dal censurare i criteri di valutazione adottati dall’amministrazione e la scelta degli elementi ai quali la stessa amministrazione ha inteso dare peso, ma annulli la suindicata deliberazione per vizio di eccesso di potere, desunto dall’insufficienza o dalla contraddittorietà logica della motivazione in base alla quale il Csm ha dato conto del modo in cui, nel caso concreto, gli stessi criteri da esso enunciati sono stati applicati per soppesare la posizione di contrapposti candidati“.

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