Avellino, infermiera aggredita dalla familiare di un paziente in attesa: scatta la denuncia

L’ennesimo episodio di violenza in ospedale al Moscati: l’operatrice salvata dall’intervento tempestivo delle guardie giurate.

Avellino – La violenza in corsia continua. Questa volta, teatro dell’ennesima aggressione in ospedale, è stato l’ospedale “Moscati” di Avellino. La vittima, una operatrice socio-sanitaria da parte della familiare di un paziente ricoverato in pronto soccorso. La vicenda, resa nota solo ora, si è verificata venerdì pomeriggio. L’infermiera era intervenuta in seguito alle proteste della donna alla quale aveva spiegato che l’attesa della visita era dovuta a casi più urgenti che avevano la precedenza. 

Ma quelle parole hanno scatenato l’ira della familiare del paziente che stava aspettando, la quale ha prima aggredito verbalmente l’infermiera e poi fisicamente, provocandole ferite a un braccio e alle labbra. L’intervento delle guardie giurate addette alla sicurezza dell’ospedale ha impedito conseguenze ancora più gravi. L’operatrice sanitaria ha sporto denuncia. Le forze dell’ordine stanno ora indagando sulla vicenda. Ma quello che appare chiaro è che le aggressioni negli ospedali hanno preso una china pericolosa. Lo sanno bene anche a Pescara. Giorni fa all’Ospedale Santo Spirito una quarantina di persone, uomini e donne, avevano fatto irruzione nel reparto di Oncologia e preso d’assalto i corridoi insultando e minacciando pesantemente medici e infermieri. 

L’aggressione ai medici a Foggia

A scatenare il caos la morte di un 60enne, ricoverato in Oncologia per una grave patologia. Da qui un raid in piena regola con porte divelte, tavoli ribaltati e suppellettili gettati a terra; e solo l’intervento delle forze dell’ordine ha consentito di riportare la calma e ha permesso il trasferimento della salma in obitorio. Al termine delle indagini quattordici persone sono state denunciate e tre di queste condotte in carcere. Stesso copione a Foggia, dove all’inizio di settembre dove una ragazza di 23 anni di Cerignola è morta durante un intervento chirurgico. I parenti e gli amici, una cinquantina, per tutta risposta hanno fatto una spedizione punitiva contro il personale sanitario del policlinico pugliese. E ora la Procura ha fatto notificare avvisi di garanzia per venti dipendenti del Policlinico, per la morte di Natascia Pugliese. Il personale medico era stato costretto a chiudersi in una stanza. In tre rimasero feriti.

Le aggressioni ai medici e al personale sanitario negli ospedali, da Nord a Sud, sono ormai all’ordine del giorno. Nel 2023 – secondo i dati dell’Anaao-Assomed – le aggressioni sono state infatti ben 16mila, di cui un terzo fisiche e nel 70% dei casi verso donne. Secondo il sindacato degli infermieri, Nursing Up, “calci e i pugni sembrano essere addirittura finiti in fondo alla vergognosa classifica delle tipologie di violenza. Ai primi posti ci sono addirittura i tentativi di strangolamento, le tirate di capelli, i calci altezza volto stile arti marziali, mentre abbondano, all’insegna del terrore puro, le minacce di morte verbali e addirittura la comparsa di una pistola, per fortuna giocattolo, come avvenuto il 23 agosto scorso al Serd di Anzio.

Per correre ai ripari, il ministro della Salute Orazio Schillaci, dopo una riunione con tutti gli Ordini professionali sanitari ha comunicato che è allo studio una misura per arginare l’escalation: arresto in flagranza anche differito. “A breve ci sarà un confronto anche con le parti sindacali di categoria”, ha detto. Ma il tempo stringe e le aggressioni aumentano. Anche all’ospedale di Vibo, nei mesi scorsi, si sono verificati diversi casi di medici ed infermieri aggrediti da pazienti o da loro familiari. Ecco perché il prefetto Paolo Giovanni Grieco ha preso la decisione: l’esercito vigilerà sull’ospedale di Vibo Valentia. Decisione che rientra in un piano di rimodulazione dei servizi di vigilanza già operati dall’Esercito su obiettivi sensibili nel territorio vibonese nell’ambito dell’operazione ‘Strade sicure’.

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