Vita da corriere: è l’algoritmo a gestire le loro consegne, solo 30 minuti per mangiare

Amazon è la più grande Internet company al mondo e dà lavoro a migliaia di persone: la consegna dei pacchi è “telecomandata”.

Roma – Amazon, la multinazionale di commercio elettronico statunitense con sede principale a Seattle, nello Stato di Washington, è la più grande Internet company al mondo. Non c’è abitazione che non conosca questo marchio. Suonano alla porta per consegnare il pacco, e un sorriso a 32 denti si stampa sul nostro volto. Ma spesso non pensiamo che quel corriere (che macina chilometri su chilometri) non lavora direttamente per il colosso americano, ma per una società appaltante, che frequentemente assume i suoi dipendenti con contratti senza regole.

Pare che qualche corriere abbia consegnato fino a 370 pacchi al giorno, in una sorta di Olimpiade per chi ne consegna di più, seguendo le indicazioni dell’algoritmo, secondo cui il pacco va consegnato in 2 minuti e 33 secondi. Già, l’algoritmo, quell’infernale strumento attraverso cui sono disponibili istruzioni dettagliate, elaborate per svolgere una determinata attività o risolvere un problema specifico! Ma nella peggiore delle ipotesi, i corrieri hanno solo 30 minuti per la pausa pranzo, che spesso trascorrono sul furgone, visto il poco tempo per fermarsi a mangiare.

I contrattempi peggiori capitano quando si deve espletare i bisogni fisiologici: in quel caso bisogna industriarsi. A pagare il prezzo più alto sono i corrieri con problemi di prostata, costretti spesso a orinare, altrimenti, come diceva l’attore Lino Banfi, sono “cavoli amari”. Vengono anche calcolati i percorsi più brevi per giungere a destinazione, ma l’imprevedibilità è all’ordine del giorno, e i corrieri devono arrangiarsi. Dopo i primi mesi di autentica frenesia, ci si abitua. Tuttavia, molte aziende impongono di non tornare in sede con pacchi non consegnati. Questo accade perché le aziende appaltanti hanno condizioni e contratti di lavoro diversi tra loro.

Alcuni corrieri, non riuscendo a reggere le pressioni, si sono licenziati persino dopo 10 anni di lavoro. Il “pesce puzza dalla testa”, recita un antico motto popolare: il cattivo esempio viene dall’alto. Il contratto proposto da Amazon prevede guadagni solo se si rispetta un certo numero di consegne in un dato tempo. Si parla di cifre consistenti, che spingono le imprese medio-piccole a tagliare il costo del lavoro, con contratti a tempo determinato che spesso non vengono rinnovati. L’invito è di fare tutte le consegne, pena il mancato rinnovo del contratto.

Altre storture dellalgoritmo emergono quando, ad esempio, scendendo dal furgone, non si riesce a trovare il destinatario: si perde tempo, e quel tempo viene conteggiato come pausa, perché il furgone è fermo. Se succede più volte, l’algoritmo allunga la durata della giornata! Secondo la Filt Cgil, rispetto a qualche anno fa, qualcosa è stato fatto. Si è raggiunto un accordo con Amazon che ha ridotto di due ore l’orario settimanale, sia per il part time che per il full time. Amazon ha diffuso un comunicato che sembra confermare l’antico motto: “Non domandare all’oste se il vino è buono”. Infatti, secondo l’azienda, “i corrieri devono lavorare senza pressioni di sorta e nel rispetto delle leggi in vigore e del codice di condotta dei fornitori Amazon, attento a garantire sicurezza, equità e retribuzioni adeguate“.

Da queste parole, sembrerebbe che Amazon sia il regno della Felicità in Terra, dove le lamentele dei corrieri sono solo malumori di chi ha “la mangiatoia bassa”. E invece, come ci racconta la cronaca quotidiana, la realtà è ben diversa!

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