Negli ultimi decenni, secondo l’Istat, sono aumentate le stragi famigliari inattese, risultato estremo e criminale di sofferenze silenziose.
Roma – La strage familiare di Paderno Dugnano è l’ennesimo campanello di allarme sulla situazione dei giovani e delle famiglie italiane. Negli ultimi decenni sono aumentate le stragi inattese, risultato estremo e criminale di sofferenze silenziose. Per alcuni, il dialogo non è neanche un’opzione: tutto avviene nella propria testa, senza che ci sia un confronto con gli altri, familiari in primis. A analizzare il disagio psicologico tra i giovani in costante aumento, e gli effetti resi ancora più preoccupanti dalla mancanza di dialogo, è Adnkronos. Studi recenti mostrano che i disturbi d’ansia, la depressione e i comportamenti autolesionistici sono in crescita, influenzati da fattori sociali, economici e culturali. In Italia, un’indagine del Censis del 2023 ha rivelato che circa il 20% degli adolescenti soffre di disagio psicologico significativo.
Questo fenomeno è alimentato da una serie di fattori, tra cui l’iperconnessione digitale, il bullismo online e offline, la pressione scolastica e la crescente incertezza sul futuro. Da un punto di vista sociologico, spaventa quello che possiamo definire un crescente senso di ”nichilismo emotivo”, emerso anche dalle parole dell’omicida nella strage di Paderno Dugnano. ‘‘Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato”, ha detto il 17enne, crollato dopo ore di interrogatorio.
Del nichilismo parla anche il filosofo Umberto Galimberti: “I giovani stanno male, piuttosto male”, sono le parole con cui inizia il suo saggio dal titolo La condizione giovanile nell’età del nichilismo, in cui affronta il tema del disagio giovanile nella società attuale. Le ragioni di questo malessere non sono solo quelle psicologiche tipiche dell’età adolescenziale, ma sono accompagnate e aggravate da un’altra ragione, ben più importante e specifica, quella culturale: per loro infatti il futuro non è più una promessa e il presente diventa un assoluto da vivere con una intensità tale da seppellire l’angoscia che deriva dalla mancanza di senso che attraversa la società contemporanea. “Un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra di loro, penetrando nei loro sentimenti e nei loro pensieri, – scrive – annullando tutte le loro prospettive e i loro sogni”.
Incapaci di descrivere il loro malessere esistenziale, inabissati nel loro analfabetismo emotivo, i giovani annaspano in un presente caratterizzato da una desolazione comunicativa, dove la famiglia e la scuola non riescono più a configurarsi come certezze in questo oceano di incertezze. Non a caso, il filosofo argentino Miguel Benasayag chiama quest’epoca “l’epoca delle passioni tristi”, sostenendo che per i giovani di oggi il futuro non è una promessa bensì una minaccia. La pandemia, aggiunge Galimberti, ha solamente aumentato un distanziamento sociale già in atto. Non ci si incontra più, non c’è più dialogo e quando non c’è dialogo, i problemi vengono amplificati”.
Allargando lo sguardo oltre lo specifico fatto di cronaca di Paderno Dugnano, secondo gli psicologi, questo senso di oppressione è spesso radicato in aspettative familiari irrealistiche, in una mancanza di comunicazione autentica all’interno della famiglia, e nella difficoltà di esprimere il proprio disagio in un contesto che può sembrare giudicante o poco accogliente. I dati di Telefono Azzurro dimostrano che sempre più giovani soffrono d’ansia, ma uno su tre si vergogna di parlarne, e, senza volerlo, alimenta il problema.
Negli ultimi anni si moltiplicano gli appelli degli psicologi sulla salute dei giovani italiani.
Due anni fa, commentando l’indagine sociologica condotta su tutto il territorio nazionale intitolata ”Adolescenza, tra speranze e timori” per iniziativa del Laboratorio Adolescenza in collaborazione con l’Istituto IARD e presentati insieme a Lundbeck Italia, Stefano Vicari, primario di Neuropsichiatria Infantile al Bambino Gesù di Roma, ha sottolineato come il crescente senso di vuoto e la perdita di punti di riferimento solidi stiano contribuendo a un aumento dei comportamenti impulsivi e violenti tra i giovani. ”Ci troviamo di fronte a una generazione che fatica a trovare senso e direzione,” ha affermato in quella occasione Vicari
spiegando che ”questo li porta a cercare soluzioni drastiche e immediate al loro disagio, spesso senza considerare le conseguenze”, proprio come emerso dalle parole del giovane omicida.
Il fenomeno delle stragi familiari in Italia ha subito un’evoluzione significativa negli ultimi decenni. Negli anni ’50 e ’60, questi episodi erano rari e spesso legati a contesti rurali o a dinamiche di onore. Con il progressivo cambiamento sociale ed economico del Paese, a partire dagli anni ’70 e ’80, si è osservato un aumento dei casi. Negli anni ’90 e 2000, la frequenza di questi eventi è cresciuta, complice la crescente instabilità economica e le difficoltà relazionali all’interno delle famiglie. Secondo i dati del Ministero dell’Interno e dell’ISTAT, tra il 2010 e il 2015 si è registrato un picco di stragi familiari, spesso riconducibili a motivazioni economiche, stress lavorativo, e patologie mentali non diagnosticate. Negli ultimi anni, grazie a una maggiore attenzione verso la salute mentale e la prevenzione della violenza domestica, il trend ha mostrato una lieve diminuzione, anche se la pandemia di COVID-19 ha riacceso tensioni e isolamenti che hanno riportato alla luce situazioni critiche.