La bandana, la bici, lo sguardo ‘strano’ e la smorfia: “Così abbiamo visto Moussa che si allontanava dopo aver ucciso Sharon”

Parlano i due giovani italiani di origine marocchina, testimoni decisivi per individuare l’assassino. “Il nostro rimpianto? non aver potuto fare qualcosa per Sharon. Se fossimo stati più vicini a via Castegnate forse avremmo potuto salvarla”.

Terno d’Isola (BG) – Per risolvere il delitto di Sharon Verzeni, la 33enne barista uccisa a coltellate nella notte tra il 29 e il 30 luglio a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo, ci sono due testimoni decisivi. Sono due giovani italiani di origine marocchina e quella sera maledetta hanno incrociato Moussa Sangare, 31enne originario del Mali, mentre si allontanava in bicicletta dal luogo dell’omicidio.

Il frame del video che immortala il presunto assassino allontanarsi in bici dal luogo del delitto

I due, raccontano a Repubblica, si stavano allenando insieme: uno per il titolo italiano di kickboxing, l’altro per il calcio, sport nel quale milita in prima categoria. “Quella sera eravamo usciti come al solito molto tardi per allenarci – hanno detto ai cronisti – Era più o meno mezzanotte, eravamo a Chignolo vicino alla farmacia e davanti al cimitero dove ci siamo fermati per fare delle flessioni. A quel punto sono passati due nordafricani in bicicletta, poi un terzo. Lui ci è rimasto impresso, perché era un po’ strano. Aveva una bandana in testa e un cappellino, uno zaino e gli occhiali. Ci ha fissato a lungo e poi ci ha fatto una smorfia. Non lo avevamo mai visto prima”.

Moussa Sangare

Il giorno dopo i due ragazzi sono venuti a sapere, come tutti, dell’omicidio. E delle indagini in corso. “Abbiamo raccontato di quel ragazzo quando siamo stati chiamati in caserma. Siamo rimasti sorpresi, non abbiamo mai pensato che l’assassino potesse essere lui – hanno aggiunto -. Anche se si vedeva che era uno che non stava bene. Abbiamo provato comunque un grande sollievo, perché non avevamo saputo più nulla sulle indagini. Ora ci sentiamo orgogliosi per essere stati utili all’identificazione dell’assassino”.

Sharon Verzeni, la vittima

La loro testimonianza è risultata decisiva, insieme alle riprese di videosorveglianza che lo immortalano mentre passa in bicicletta, per identificare Moussa, che ha confessato il delitto dicendo di aver ucciso Sharon in preda a un raptus: “Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”, ha ammesso agli inquirenti. Ora il giovane è in stato di fermo.

Per i due ragazzi c’è solo un rimpianto: “Quello di non aver potuto fare qualcosa per Sharon. Magari l’assassino ha visto una preda facile, come quei due ragazzini [di 15 e 16 anni, ndr] che voleva aggredire. Quando ha incrociato noi, invece, ci ha solo guardato male ed è andato avanti. Se fossimo stati più vicini a via Castegnate, forse forse avremmo potuto salvarla”.

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