Dopo il nostro Paese, la fetta maggiore va all’Ungheria, seguita da Spagna, Grecia e Polonia. Gli effetti del patto di Bruxelles.
Roma – Per la gestione dei migranti all’Italia va la quota più alta di domande di asilo per il 2026-2027. Il nostro Paese sarà infatti tenuto ad esaminare, tra il giugno 2026 e il giugno 2027, un numero massimo di 16.032 richieste ricevute attraverso la nuova procedura del controllo sulle frontiere istituita con la riforma del Patto Ue: si tratta della quota massima nell’Unione europea, pari al 26,7% del totale. Nel 2027-2028 per Roma il numero salirà a 24.048. E’ quanto emerge dal testo sul tetto annuo di richieste da vagliare con procedura di frontiera per i Paesi Ue pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Gli Stati dovranno stabilire una capacità adeguata, in termini di accoglienza e risorse umane. Raggiunta la quota di domande da vagliare, scatta il meccanismo di solidarietà.
La quota massima di domande da esaminare viene calcolata, per ognuno dei Ventisette, sulla base di una formula che tiene conto del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere esterne, inclusi gli arrivi dopo le operazioni di ricerca e soccorso, e di respingimenti comunicati dai governi su tre anni, dal primo gennaio 2021 al 31 dicembre 2023. Il testo sulla nuova procedura di frontiera, conseguenza del nuovo Patto, rappresenta, insieme al meccanismo di solidarietà tra i Paesi di primo arrivo e gli altri, il cuore della riforma del Patto concordata a dicembre. Dopo l’Italia, sarà l’Ungheria, con 15.432 richieste da analizzare tra giugno 2027 e giugno 2028 e 23.148 l’anno successivo, il Paese ad avere la quota più alta di domande da trattare sul totale. Seguono la Spagna, con rispettivamente 6.602 e 9.903 richieste annue, la Grecia (4.376 e 6.564) e la Polonia (3.128 e 4.692).
Ad aprile è arrivato il via libera finale dell’Eurocamera ai testi del nuovo Patto di migrazione e asilo. Tutti gli atti legislativi che compongono il documento completo con le nuove norme hanno infatti superato il test dell’Aula. Dopo l’approvazione del Parlamento europeo è atteso ora l’ok definitivo del Consiglio Ue, composto dai 27 Paesi membri dell’Unione. Il documento, approvato nel corso di una sessione plenaria all’eurocamera di Bruxelles, si basa su cinque regolamenti principali, a cui si aggiungono altri testi legislativi, che stabiliscono le norme per condividere fra gli Stati membri la gestione dei flussi migratori in entrata, oltre a stabilire che cosa fare in caso di crisi improvvisa, cioè quando si assiste a un arrivo eccessivo di migranti in uno Stato membro.
Le norme regolano anche il trattamento delle persone che arrivano alle frontiere esterne dell’Ue, il trattamento delle richieste di asilo e l’identificazione dei migranti in arrivo. L’accordo si basa sul rapporto fra solidarietà e responsabilità nella gestione dei migranti fra i 27 Stati membri. Il regolamento sullo screening, confermato dal Parlamento europeo, prevede controlli su cittadini di Paesi terzi alle frontiere esterne dell’Ue. Le persone considerate un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico, o se il richiedente ha ingannato le autorità presentando informazioni false sull’identità o sulla nazionalità, e quelle provenienti da Paesi con tassi di riconoscimento dell’asilo inferiori al 20%, inoltre, saranno sempre soggette alla procedura di asilo di frontiera subito dopo lo screening.
La capacità adeguata a livello Ue per lo svolgimento delle procedure di frontiera, inoltre, sarà di 30mila posti di accoglienza e gli Stati membri dovranno garantire di essere in grado di svolgere le procedure di frontiera sul proprio territorio. Gli Stati membri dichiarati sotto pressione migratoria notificheranno invece al Consiglio e alla Commissione la loro intenzione di utilizzare il meccanismo e potranno richiedere una detrazione parziale o totale dei propri contributi di solidarietà. Il nuovo regolamento, come concordato, fissa la soglia minima per le ricollocazioni a 30mila richiedenti e 600 milioni il contributo finanziario. In caso di impegni insufficienti per le ricollocazioni, uno Stato membro beneficiario potrà chiedere agli altri Stati membri di assumersi la responsabilità di esaminare le domande di protezione internazionale delle persone che devono essere rimpatriate nello Stato membro beneficiario, invece di contribuire con le ricollocazioni.
I contributi finanziari sosterranno le azioni nell’Ue in materia di migrazione, accoglienza e asilo. Gli Stati membri possono anche fornire sostegno ad azioni nei Paesi terzi o in relazione a questi ultimi che hanno un impatto diretto sui flussi migratori verso l’Ue.