Giovani in fuga all’estero, la questione emigrazione e la crisi demografica

Lo studio Ipsos-Fondazione Barletta fotografa la repulsione che i ragazzi tra i 18 e i 22 anni manifestano verso il luogo di nascita.

Roma – Il problema principale è l’emigrazione, altro che immigrazione! Ci si lamenta dell’immigrazione, quando il vero problema sono i salari da fame, che secondo i dati OCSE sono calati del 6,9% rispetto a prima della pandemia. Per questi motivi molti giovani decidono di emigrare all’estero alla ricerca di stipendi più sostanziosi e migliori condizioni di vita. A confermare questa tendenza è un recente studio Ipsos-Fondazione Barletta. Il primo è un istituto di sondaggi e ricerche di mercato, la seconda ha come scopo l’assistenza, l’educazione, lo studio, la ricerca scientifica, l’istruzione e/o altre funzioni di pubblica utilità.

E’ emerso che se i fattori determinanti per cui i giovani fuggono dall’Italia sono legati a prospettive lavorative più soddisfacenti, non vanno trascurati aspetti frutto di valutazioni esistenziali. Nel senso che i giovani desiderano scappare da un Paese che non sentono più loro, qualora mai lo fosse stato. Infatti, sperano di vivere in un Paese diverso dall’Italia per cultura e stile di vita. Altri sono, invece, più attratti dal clima diverso e dai differenti contesti paesaggistici. Gli autori della ricerca hanno sottolineato la contraddizione antagonista tra una certa ridondanza con cui viene il circuito massmediatico parla di “Nazione” e la repulsione che manifestano verso il luogo di nascita, soprattutto i giovani compresi nella fascia d’età 18-22 anni. Un fattore decisivo che spinge all’emigrazione è lo spopolamento dei propri paesi d’origine, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, che non offrono nessuna prospettiva.

Interi borghi semi abbandonati, in cui si avverte la cesura dei legami e di una vita animata. Restano solo persone anziane e vecchi: come dire il depauperamento allo stato puro. Si percepisce netta la sensazione di un crudo abbandono, come se coloro che sono rimasti non interessassero a nessuno. In queste condizioni diventa arduo sostenere i servizi pubblici, la sanità, la scuola. Intere comunità destinate ad una violenta desertificazione, geografica, culturale e sociale. Il fatto che i giovani decidono di andare via non fa che esacerbare il fenomeno. Secondo gli studiosi di demografia, nei prossimi dieci anni, il numero di 80enni aumenterà del 18% e del 40% nel giro di venti per poi incrementare ancora. Mentre, secondo alcune stime, la popolazione in età da lavoro diminuirà di un milione di unità ogni triennio. La sezione di economia di ADAPT (associazione fondata da Marco Biagi, il giurista del lavoro barbaramente assassinato nel 2002 dalle Nuove Brigate Rosse, per effettuare studi e ricerche nell’ambito delle relazioni industriali e del lavoro) ha rimarcato quanto possa incidere sui contributi versati chi emigra.

Qui il rapporto è molto negativo per il fatto che nel nostro Paese è molto alto il lavoro irregolare sia tra gli immigrati che tra gli italiani. Le criticità strutturali della realtà socio-economica del nostro Paese sono tante e palesi. Tuttavia non si può restare immobili e il primo atteggiamento da attuare è di spogliarsi delle “griglie mentali” dell’ideologia, che possono non cogliere nel segno. Bisogna iniziare con togliersi la paura di dosso che porta a vedere lo straniero, rifugiato, profugo come truppe invasive venute a sottrarci i nostri beni e a toglierci il pane di bocca. La paura è diventata rancore, rabbia, collera che si manifestano in varie forme. Ad esempio, attraverso l’espatrio silenzioso dei giovani che non hanno più fiducia e speranza nell’Italia. Oppure, con le condizioni del ceto medio ormai proletarizzatosi, col Mezzogiorno che si è trasformato in…Mezzanotte e coi poveri sempre più tali, incarognitisi per le loro condizioni disastrose.

I giovani che vanno via sono la drammatica sconfitta di una certa politica. Molti di loro hanno studiato grazie ai sacrifici dei loro genitori e sono l’esempio del depauperamento di risorse umane, perché i loro “cervelli” non vengono utilizzati in patria. L’aspetto drammatico di una situazione ancora più tragica è la mancanza di una classe politica che abbia un progetto e si adoperi per esso. Ma all’orizzonte primi attori non ce ne vedono, si scorgono solo guitti!

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