Per Lussemburgo che si è pronunciato sul rinvio del Tribunale di Napoli il requisito è una “discriminazione indiretta” degli stranieri.
Lussemburgo – L’accesso a una misura riguardante le prestazioni sociali, l’assistenza sociale o la protezione sociale dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo in Italia non può essere subordinato al requisito di aver risieduto in Italia per almeno dieci anni, gli ultimi due in modo continuativo. Lo afferma la Corte di giustizia Ue pronunciandosi in merito a un rinvio a Lussemburgo fatto dal Tribunale di Napoli sul reddito di cittadinanza la prestazione sociale poi abolita il 1 gennaio 2024. Il requisito dei dieci anni è una “discriminazione indiretta”, sottolinea la Corte Ue, e in base alla direttiva di riferimento lo status di soggiornante di lungo periodo prevede il soggiorno di cinque anni ininterrotti per la parità di trattamento.
Precisa anche la Corte Ue che allo Stato membro, l’Italia nel caso della sentenza, è anche vietato sanzionare penalmente una falsa dichiarazione riguardante tale requisito illegale di residenza. Proprio da un caso come questo nasceva il rinvio a Lussemburgo del tribunale di Napoli: due cittadine di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo in Italia erano state accusate di aver commesso un reato firmando domande per ottenere il reddito di cittadinanza. Le due avrebbero falsamente attestato di soddisfare i requisiti, compreso quello relativo alla residenza per almeno dieci anni in Italia, di cui gli ultimi due in modo continuativo, e avrebbero così indebitamente percepito rispettivamente 3.414 e 3.187 euro.
Il Tribunale di Napoli aveva chiesto alla Corte di giustizia se tale requisito di residenza sia conforme alla direttiva sui cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo. Secondo la Corte il requisito per i soggiornanti di lungo periodo è “discriminazione indiretta” perché interessa principalmente i cittadini stranieri. Quanto ai cinque anni per lo status di soggiornante di lungo periodo, nota, il legislatore dell’Unione li ha considerati un periodo sufficiente per avere diritto alla parità di trattamento con i cittadini di tale Stato membro quanto a prestazioni sociali, assistenza sociale e protezione sociale.
Ora il caso delle due cittadine da cui è partito tutto tornerà in mano al Tribunale di Napoli, che dovrà risolvere la causa tenendo a mente ciò che ha indicato la Corte europea. E lo stesso dovranno fare tutti gli altri giudici che si troveranno davanti a una situazione simile. A conferma, per il governo Meloni e per i suoi successori, che non si potrà mettere un requisito oltre i cinque anni di residenza se si vogliono evitare ricorsi.