L’appuntamento con le forze di centrodestra autorizzate a incontrare il presidente ligure. Tra i temi del colloquio i finanziamenti a partiti.
Genova – Due ore di faccia a faccia con Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, nella villetta dove Giovanni Toti è recluso ai domiciliari dal 7 maggio con l’accusa di corruzione. È il terzo confronto autorizzato dai magistrati, dopo la richiesta del governatore di poter incontrare la sua giunta e la sua maggioranza per discutere del suo futuro politico, soprattutto dopo che il gip ha deciso di confermargli la misura cautelare, motivando la scelta anche con il fatto che Toti non si sia dimesso.
Nei vertici degli ultimi giorni è stata esclusa ogni ipotesi di passo indietro del presidente, anche in quello di ieri con Lupi, del cui movimento di cui fa parte Toti. Si confida nel Tribunale del Riesame, che si esprimerà sul ricorso contro il provvedimento del giudice che ha negato al governatore la libertà. L’udienza è fissata per l’8 luglio. “Ci aspettiamo il giusto equilibrio tra le esigenze dell’inchiesta e il legittimo interesse per il funzionamento della Regione. Ci aspettiamo una soluzione di equilibrio riguardo a questo”, ha detto Lupi dopo l’incontro.
Il sostegno al governatore non è in discussione: “C’è la compattezza e la solidarietà dei partiti di maggioranza. La sfida è il buon governo, il completamento delle opere e la difesa di quanto di buono fatto finora. In Liguria l’azione di governo sta andando avanti. La maggioranza, nessuno escluso, è compatta”. Da un punto di vista umano “ci ha fatto piacere vedere il governatore sereno, cosciente e deciso sulle sue ragioni e sul giudizio politico”. Per Lupi le vicende liguri pongono anche un “grande tema politico, che affronteremo come Noi moderati: quello del finanziamento ai partiti”.
“Siamo di fronte a finanziamenti leciti, la politica – ha proseguito – deve ragionare su questo. Abbiamo portato a Toti tutta la solidarietà del nostro partito e di tanti parlamentari che mi hanno chiesto di farlo. La questione politica più importante è quella del buon governo della Regione, di portare avanti il cambiamento e il miglioramento infrastrutturale per dare ai cittadini quello che ci eravamo prefissati: restituire dopo 10 anni una Liguria cambiata nell’interesse dei cittadini”. Sul tema delle dimissioni Lupi, che nel 2015 si era dimesso dal ruolo di ministro delle Infrastrutture, ha spiegato che “non sono una questione di opportunità, ma di scelte”. “La mia riguardava la sfera personale. In questo caso – ha proseguito – siamo di fronte a un’inchiesta che sta facendo emergere questioni su cui la politica deve riflettere“.
Il Tribunale del Riesame ha deciso invece che per ora deve rimanere in cella Paolo Emilio Signorini, l’ex presidente dell’autorità portuale, l’unico finito in carcere nell’inchiesta che ha travolto la Liguria, di fatto per motivi economici. Sebbene i domiciliari siano una “misura adeguata”, l’istanza di scarcerazione è stata respinta perché per i magistrati Signorini non avrebbe un posto dove scontarli. L’ex presidente del porto era diventato poi amministratore di Iren, ma è stato licenziato per giusta causa dopo l’indagine ed è senza stipendio. Le soluzioni individuate per i domiciliari – un’abitazione a Genova messa a disposizione da una parente oppure ad Aosta da un fratello – non sono apparse ai giudici sufficientemente garantite. I parenti non si sarebbero ancora dichiarati ufficialmente disposti a provvedere per lui a vitto e bollette.