Comunali, chi ha vinto e chi ha perso: la nuova mappa politica destra-sinistra

Il centrosinistra esulta per avere vinto in più paesi rispetto al centrodestra, ma l’analisi mostra delle particolarità da valutare.

Roma – Chi ha vinto le ultime elezioni Comunali concluse ieri con i ballottaggi? A questa domanda molti (per non dire tutti) risponderebbero giustamente che a trionfare, anche in maniera netta, sia stata la coalizione di centrosinistra. E in effetti, dal mero punto di vista numerico, i risultati giunte dalle urne di tutta Italia confermerebbero questa asserzione accettata pressoché trasversalmente. I motivi sono tanti, del resto: i sei capoluoghi di Regioni i cui sindaci e consigli comunali dovevano essere rinnovati sono stati aggiudicati tutti dai partiti ora all’opposizione al governo Meloni (Firenze, Bari, Perugia, Cagliari, Potenza, Campobasso), altri undici capoluoghi di Provincia su ventitré sono finiti anche loro nelle mani della sinistra (Bergamo, Cremona, Pavia, Reggio Emilia, Modena, Cesena, Livorno, Prato, Pesaro, Sassari, Vibo Valentia) con ben cinque successi in trasferta.

Tuttavia, a questi freddi numeri, sarebbe necessario svolgere un’analisi a più ampio raggio. Questo perché, se prendiamo più in generale tutti i 228 comuni con una popolazione superiore ai 15mila abitanti che hanno aperto i seggi in questa tornata elettorale, si scoprirebbe qualche curiosità interessante (diventa complicato prendere in esame anche tutti le altre 3.480 cittadine al voto, visto che nella stragrande maggioranza delle realtà si presentato solo candidature di liste civiche). In questo caso i dati ci forniscono così un’altra prospettiva.

Elly Schlein e Giorgia Meloni

Vediamo infatti che, se nel 2019 la sfida complessiva dei paesi che prevedono per legge anche un secondo turno in caso di mancata maggioranza assoluta di un candidato era terminata 127 a 78 a favore dell’alleanza di centrosinistra contro quella del centrodestra, ieri sera i giochi si sono chiusi con un divario più assottigliato: 109 a 96 per il gruppo di partiti guidato nei consensi dal Partito Democratico. Un risultato determinato anche dalla più che buona performance ai ballottaggi da parte di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, che si sono imposti con il risultato di 39 a 31 nei comuni non capoluoghi di Provincia.

Senza contare che nelle 29 città più importanti, in ogni caso, la situazione messa in evidenza domenica e lunedì è sostanzialmente la stessa di cinque anni fa: 17 a 11 per il campo largo invece che il 16 a 12 di un lustro fa. Certo, la sinistra può legittimamente festeggiare per avere strappato Cagliari, Perugia, Potenza, Pavia e Vibo Valentia. Ma, facendo un preciso confronto rispetto alle ultime elezioni amministrative tenute nei medesimi comuni, notiamo che Pd, 5 Stelle e Avs hanno lasciato per strada quest’anno nettamente molti più comuni governati da loro fino a ieri rispetto alla maggioranza di governo. 

Rovigo, Lecce e Caltanissetta (che erano di sindaci dem o grillini) sono state vinte dal centrodestra, mentre Avellino e Verbania sono state vinti da rappresentanti civici. Utilizzando un gergo molto caro agli appassionati di tennis, nei 228 comuni messi sotto la lente di ingrandimento, il centrodestra ha subìto il “break” in 24 occasioni, mentre il centrosinistra ne è stato vittima in ben 39 circostanze.

Tutti passaggi politici dal colore rosso a quello blu che ci dice come FdI-Lega-Fi abbiano ben poco da cospargersi il capo di cenere, visto che hanno sensibilmente migliorato lo “score” rispetto alla fine degli anni Dieci. Considerando anche che più un quarto dei paesi al voto (61 su 228) erano dell’Emilia-Romagna e Toscana, storiche roccaforti rosse. Risultano interessanti da questo punto di vista, a proposito di due regioni, le vittorie del centrodestra in trasferta nei comuni di Molinella e Pianoro – in provincia di Bologna – e in quelli di Ponsacco (Pisa) e Follonica (Grosseto). A Borgo San Lorenzo, poi, è il Movimento 5 Stelle a fare un bello scherzettino agli alleati del Pd andando a togliere il comune del Fiorentino dopo 24 anni consecutivi in mani dem.

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