Di fronte alla crisi il ministro Franceschini ha preferito il marketing e gli interessi di chi nello spettacolo già prima della pandemia deteneva i privilegi. Migliaia di operatori rimasti senza sostegni economici.
Roma – Quando Mario Draghi ha presentato la squadra, circa 600.000 lavoratori intermittenti del mondo dello spettacolo hanno assistito attoniti alla riconferma di Dario Franceschini come ministro della Cultura.
Una decisione, quella del nuovo Presidente del Consiglio, che non sembra tenere conto di mesi di protesta e appelli per la revisione del piano dei ristori attesi dall’intero settore. Ma l’evidenza più grave, secondo molti, è che in un anno non sia mai stato comunicato alcun piano per le riaperture di cinema e teatri.
“Perché non avviare protocolli di sicurezza tali da rendere fruibile lo spettacolo in modo da non creare un vuoto che difficilmente potrà essere sanato?”. Se lo domanda Elio Balbo, portavoce torinese di Lavoratori e Lavoratrici dello Spettacolo. Come lui, molti rappresentanti della categoria hanno recentemente subito l’ennesimo torto. Il Comitato Tecnico Scientifico ha infatti vietato la riattivazione delle sale, senza tuttavia specificare alcuna soluzione alternativa per i cittadini che in esse trovano una fonte di reddito.
Nelle scorse settimane esercenti e operatori avevano infatti presentato un documento contenente proposte di misure di sicurezza. Il CTS lo ha accolto e studiato nell’eventualità di pianificare una fase graduale di riaperture, con vari step e in base ai valori epidemiologici delle diverse regioni.
Ma l’attuale situazione sanitaria preoccupa a causa delle varianti sempre più diffuse, tanto che gli esperti hanno ritenuto necessario mantenere le misure in vigore e addirittura prevedere futuri inasprimenti.
Si dicono invece soddisfatte le associazioni. “Il lavoro svolto in questa importante funzione per sei anni dal ministro Franceschini gli ha consentito di acquisire competenze preziose, affiancate alla sua passione personale per i temi culturali“. Lo scrive in una nota l’Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali), il cui presidente Francesco Rutelli ha inteso evidenziare le notevoli capacità di responsabilità e resilienza del settore e si è congratulato con il deputato del PD.
Insomma ne emerge una notevole disparità di reazione. Da una parte le imprese produttive che hanno potuto proseguire l’attività in sicurezza. Dall’altra il comparto della fruizione in presenza dei prodotti che ha invece dovuto abbozzare a favore della distribuzione sulle piattaforme streaming.
La beffa, secondo i più, consiste nell’iniziativa completamente autonoma e poco trasparente dello stesso ministro per la creazione dell’ennesima piattaforma, denominata ITsART, a finanziamento pubblico e privato al 50%.
Invece di annunciare, dopo averla progettata quasi in segreto, questa “Netflix della cultura per promuovere l’arte italiana nel mondo”, sarebbe forse stato meglio ascoltare le proteste e i suggerimenti di chi rischia la chiusura e che da questa situazione non ricaverà alcun vantaggio.
Questo dovrebbe fare un ministro serio e competente di un governo democratico e repubblicano. Mentre di fronte alla crisi Franceschini ha preferito il marketing e gli interessi di chi nello spettacolo già prima della pandemia deteneva i privilegi.
Ti potrebbe interessare anche —->>
RICCIONE – STUPRATA PERDE LA MEMORIA: GLI INVESTIGATORI SPERANO CHE RICORDI AL PIU’ PRESTO.