Un'ipotesi inquietante che aspetta di essere confermata ufficialmente. In attesa che venga depositata la super-perizia richiesta dal Tribunale di Genova. I vertici di Aspi sapevano in quali condizioni era ridotto il ponte. Stessa cosa per i pannelli fonoassorbenti appiccicati col Vinavil per fare cassa.
Genova – “Una personalità spregiudicata e incurante del rispetto delle regole, ispirata a una logica strettamente commerciale e personalistica, anche a scapito della sicurezza collettiva“. Questo è il ritratto che emerge di Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di ASPI, leggendo l’ordinanza del GIP Paola Faggioni che ha disposto il suo arresto insieme a quello dei collaboratori (anche loro manager di alto livello) Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti nell’ambito dell’inchiesta sui pannelli fonoassorbenti collocati nelle autostrade liguri.
Attentato alla sicurezza nei trasporti e frode in pubbliche forniture, queste le ipotesi di reato contestate dagli inquirenti. Il crollo del Ponte Morandi con i suoi 43 morti torna quindi alla ribalta prepotentemente, questa volta con un’indagine collaterale che riguarda pannelli autostradali difettosi. Sono ormai più di due anni che la Procura di Genova conduce un’inchiesta a “tutto tondo” nei confronti di Autostrade per l’Italia.
Se infatti il filone principale riguarda il Ponte Morandi e le cause del suo crollo, altri filoni secondari hanno per obiettivo i viadotti liguri, la sicurezza delle gallerie e i pannelli fonoassorbenti che avrebbero dovuto proteggere la collettività dai rumori in eccesso.
Ed è proprio con rifermento a quest’ultima indagine che sono emerse gravi responsabilità dei vertici di Autostrade: durante il 2017 infatti il vecchio management (oggi è stato nominato un nuovo amministratore delegato con nuovi collaboratori) iniziava a montare pannelli fonoassorbenti nelle autostrade del genovesato ma i tecnici si accorgono subito che c’è un problema strutturale poiché le barriere cadono al primo soffio di vento e sono installate con una resina non certificata UE, in pratica del semplice Vinavil, la colla con cui si riparano i pastori rotti del presepe.
Si potrebbe rimediare ma costa troppo e il responsabile della manutenzione Donferri propone di ridurre l’altezza dei pannelli per cercare di intercettare meno vento, una misura che purtroppo non serve a nulla. Ad essere veramente preoccupante è però il quadro che emerge dalle indagini che hanno svolto le Fiamme gialle di Genova: i vertici di ASPI conoscevano benissimo il cattivo stato e la pericolosità di viadotti e gallerie ma non hanno proceduto alla necessaria manutenzione per risparmiare sui costi e consentire cosi maggiori dividendi per gli azionisti.
Sempre dalle indagini è emerso uno scambio di messaggi tra Donferri e Berti nei quali i due, in data 25 Giugno 2018 (due mesi prima che crollasse il Ponte Morandi) riconoscevano senza problemi le condizioni del viadotto: “i cavi del Ponte Morandi erano corrosi“. Tutto questo parrebbe confermare la tesi della Procura secondo cui il ponte genovese sarebbe caduto per carenza di manutenzione da parte di Autostrade che avrebbe sacrificato la sicurezza collettiva per ottenere maggiori profitti.
Un’ipotesi inquietante che aspetta ancora di essere confermata ufficialmente. In attesa che venga depositata la super-perizia richiesta dal tribunale genovese. Ma quanto già accertato solleva più di un dubbio sulla opportunità di confermare alla famiglia Benetton la concessione di Autostrade e più in generale di affidare a privati le gestioni di servizi di fondamentale importanza per l’interesse pubblico.
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