Il presidente della Regione aveva chiesto che fosse retrodatata la sua iscrizione sul registro degli indagati nel filone sul voto di scambio.
Genova – “Non sussistendo in capo al Gip alcun potere di accertamento della tempestività o meno dell’iscrizione dell’indagato Giovanni Toti nel registro delle notizie di reato e, tantomeno, di retrodatazione della stessa, l’istanza difensiva non può trovare accoglimento”. Questa la motivazione con la quale il gip di Genova Paola Faggioni ha rigettato l’istanza avanzata dai legali del presidente – sospeso – della Regione Liguria, ai domiciliari nell’inchiesta sulla corruzione in Liguria dal 7 maggio scorso, che avevano richiesto di accertare “la tardività dell’iscrizione del nome di Toti nel registro delle notizie di reato e, per l’effetto, retrodatare la relativa datazione”.
La giudice respinge dunque il ricorso anti-intercettazioni di Toti. Se l’istanza fosse stata accolta, una parte significativa del materiale probatorio poteva risultare nulla. Ha tentato di calare un ‘asso’ l’avvocato Stefano Savi che difende il presidente della Regione Liguria. Il difensore nei giorni scorsi aveva depositato alla gip Paola Faggioni un’istanza in cui chiedeva la “retrodatazione” dell’iscrizione di Toti nel registro degli indagati. Toti è effettivamente stato formalmente iscritto molto tardi nell’inchiesta per quanto riguarda il filone del voto di scambio, e precisamente il 16 dicembre 2023, subito prima della richiesta al gip di custodia cautelare e circa cinque mesi prima dell’arresto.
E’ stato l’ultimo a finire nel registro degli indagati e il suo avvocato notando il dettaglio ha tentato – come è d’altronde dovere di un buon avvocato – di giocare la carta. Una mossa ben ponderata, perché chiedere la retrodatazione dell’iscrizione nel registro degli indagati di tre anni (questa la richiesta formulata in prima istanza, mentre in seconda quella di anticipare l’iscrizione di due anni) poteva avere conseguenze molto importanti sull’inchiesta in corso, vale a dire la conseguente inutilizzabilità di atti di indagine come pedinamenti e intercettazioni compiuti dalla guardia di finanza oltre il limite consentito dalle indagini, vale a dire due anni essendo contestato (non a Toti ma a Matteo Cozzani e ai fratelli Testa) l’aggravante di aver agevolato la criminalità organizzata.
E così se l’istanza fosse stata accolta e l’iscrizione retrodatata a settembre 2020, molte delle intercettazioni e degli atti d’indagine sul filone della corruzione elettorale avrebbero potuto essere considerate inutilizzabili perché effettuate al di fuori dei tempi previsti dalla legge, per lo meno nei confronti del governatore. Ma la giudice Faggioni ha sottolineato che il nuovo comma 1 bis dell’art. 335 del codice di procedura penale prevede che il pubblico ministero deve provvedere all’iscrizione del nome della persona a cui è attribuito il reato soltanto allorquando risultino “indizi‘ a suo carico e non meri sospetti”.