Il maltempo tra le cause dell’incidente. L’annuncio coglie un Paese diviso: preghiere e cordoglio nelle moschee, giubilo dell’opposizione per la fine del “macellaio di Teheran”.
Dopo ore di ricerche la conferma è arrivata dalla Mezzaluna Rossa iraniana: il presidente Ebrahim Raisi è morto nell’incidente che ha coinvolto l’elicottero sul quale viaggiava insieme al ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian, al governatore della provincia iraniana dell’Azerbaigian orientale e altri funzionari e guardie del corpo. Raisi e il suo entourage avevano partecipato all’inaugurazione di una diga sul fiume Aras.
Il capo della Mezzaluna Rossa, Pir Hossein Kolivand, ha spiegato che dopo ore di ricerche da parte delle squadre di soccorso (ne sarebbero state impiegate 73), “quando è stata scoperta la posizione dell’elicottero precipitato non è stata trovata alcuna traccia di passeggeri vivi“. Il relitto dell’elicottero, secondo quanto riferito da Kolivand, è stato trovato sulla strada per il villaggio di Khoilar-Kalam: le squadre di ricerca hanno trovato parti della deriva di coda e della pala del velivolo su una collina.
L’elicottero che trasportava Raisi era molto probabilmente un Bell 212, operativo dalla fine degli anni Sessanta. Il Bell 212 è stato prodotto prima negli Stati Uniti e poi in Canada, e l’Iran ne aveva acquistati alcuni esemplari usati dalle forze armate statunitensi nel 1976. All’incidente, oltre al maltempo, potrebbero aver contribuitole difficoltà dell’Iran nel reperire pezzi di ricambio a causa delle sanzioni.
Durante le ore di incertezza riguardo la sorte del presidente e anche all’annuncio ufficiale della sua morte l’Iran si è diviso. Nelle moschee si sono radunati gruppi di fedeli in preghiera, le autorità hanno chiesto al Paese di unirsi intorno alla famiglia e per le strade della capitale qualche centinaio di sostenitori ha fatto sentire la propria solidarietà.
Ma tantissimi iraniani che politicamente stanno dall’altra parte della barricata non partecipano al lutto, qualcuno festeggia, altri aggirando la censura del regime invadono la rete di meme ironici. L’opposizione interna considera Raisi uno dei principali responsabili della repressione seguita alle proteste per la morte di Masha Amini, la ragazza arrestata dalla polizia politica il 13 settembre 2022 nella capitale iraniana per la mancata osservanza della legge sull’obbligo del velo, e in seguito deceduta in circostanze sospette – il corpo presentava segni di pestaggio – dopo tre giorni di coma.
Nell’ultimo anno, la Repubblica islamica, dice Amnesty, ha raggiunto il terribile primato di oltre 800 esecuzioni. Molti chiamavano Raisi il “macellaio di Teheran” per il ruolo che ebbe nel cosiddetto “comitato della morte”, il gruppo dei 4 che nel 1988 decise la condanna a morte di migliaia di oppositori.