La piaga del lavoro nero e dello sfruttamento minorile dilaga sempre di più in ogni parte d'Italia. A Catania la polizia non concede soste a chi sfrutta minorenni soprattutto nell'ambito familiare.
Catania – Il lavoro nero e lo sfruttamento minorile diventano sempre più frequenti ma anche le attività di polizia continuano senza soste per contrastare il fenomeno deviante. Stavolta nella rete degli agenti del commissariato di Librino è caduto un minorenne che gestiva un’attività commerciale abusiva di autoricambi usati. Vicino al negozio era ubicato un deposito di rifiuti speciali pericolosi di oltre 600 metri quadrati. Il minore era costretto a lavorare in ambienta malsano e senza alcuna misura di sicurezza considerando l’assenza di estintori, impianto elettrico privo dei requisiti di legge ed altre infrazioni che riguardano sempre gli ambienti di lavoro illegali.
Il ragazzino è stato affidato alla madre mentre il padre, proprietario del negozio abusivo di ricambi, è stato diffidato dal reiterare la citata condotta, è indagato in stato di libertà ai sensi dell’articolo 603 bis del codice penale, che punisce lo sfruttamento del lavoro minorile con l’aggravante di aver impiegato il minore in età non consentita, in lavori pesanti e in luoghi non sicuri. Inoltre lo stesso genitore è stato indagato a piede libero per il reato ambientale di gestione illegale di rifiuti speciali pericolosi, mentre la polizia ha proceduto al sequestro penale preventivo dell’immobile e di migliaia di chilogrammi di materiale inquinante. L’uomo è stato anche segnalato all’Asp Spresal competente sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, alla Guardia di Finanza, all’Agenzia delle Entrate, all’Inps e alla Polizia locale.
Un altro controllo di polizia è stato eseguito presso un negozio di tatuaggi e un parrucchiere, entrambi abusivi, allestiti all’interno di una civile abitazione affittata in nero dalla titolare. Il gestore avrebbe eseguito i tatuaggi senza rispettare le procedure igienico-sanitarie per prevenire il contagio di malattie infettive tant’è che non c’era traccia di apparecchiature adatte alla sterilizzazione degli strumenti. Per quanto attiene il negozio di parrucchiera il luogo risultava salubre con tanto di distribuzione di mascherine e disinfettanti per i clienti. La titolare dell’attività abusiva fa parte di un nucleo familiare che percepisce il reddito di cittadinanza. La medesima persona avrebbe avuto alle proprie dipendenze una lavoratrice in nero di 18 anni a cui veniva corrisposta una paga di 40 euro a settimana, per un salario corrispondente a circa 1 euro l’ora. Continuano i controlli della polizia in altre zone del capoluogo etneo finalizzate alla repressione dello sfruttamento della manovalanza minorile.