Un convegno a Rimini con educatori, docenti e allenatori svela la nuova generazione: empatici ma influenzati dai social e dalle serie tv.
Roma – Gli adolescenti sono empatici, attenti e sensibili! I ragazzi di oggi, al contrario di come vengono visti dall’immaginario collettivo, sono empatici, attenti e sensibili verso i coetanei e l’ambiente. E’ quanto risulta da chi li frequenta per svariati motivi, di lavoro o volontariato. Ovvero, educatori, pedagogisti, docenti, professionisti sanitari, allenatori, animatori, bibliotecari. Il 12 e 13 aprile scorsi a Rimini al convegno “Supereroi fragili. Adolescenti tra nuove sfide e costruzione di futuro” è stato presentato il report “Lavorare con gli adolescenti”, a cura del Centro Studi Erickson.
Quest’ultimo è una casa editrice e centro di formazione per la didattica inclusiva, integrazione dei disabili, sostegno per i bisogni educativi speciali e le difficoltà di apprendimento, psicologia e lavoro sociale. Le peculiarità emerse dimostrano l’inclinazione dei ragazzi per instaurare rapporti positivi sia con i pari età che con le figure più istituzionali, dimostrando una grande capacità di ascolto e di dialogo. Dallo studio è stato riscontrato, seppure in minima parte dagli operatori, alcune criticità, tra cui: gli aspetti relazionali, problemi psicologici e di apprendimento riferiti alla scuola, conflitti familiari. Altri aspetti, ma con bassa frequenza, sono stati: autolesionismo e rischio suicidario, uso dei social media, disturbi alimentari. La maggioranza dei ragazzi ha chiesto alle istituzioni interessate “spazi dedicati alla soluzione dei conflitti”, di “essere coinvolto su argomenti delicati, quali salute, dipendenze e sessualità”, di “poter godere di spazi per l’ascolto psicologico”.
Inoltre sono emersi altri aspetti come la “personalizzazione dei curricula”, “metodi di studio”, “orientamento scolastico e professionale”. Secondo le figure istituzionali a contatto con gli adolescenti, i principali loro riferimenti culturali sono: YouTube e i social network; le serie TV, che sono molto influenti per la formazione dei ragazzi; musica e spettacolo che si confermano punti di riferimento trasversali e intergenerazionali. Secondo gli autori dello studio, i dati di questa ricerca possono essere letti in una duplice maniera. Da un lato possono rappresentare la fotografia di come sia cambiata la fruizione degli strumenti culturali rispetto alle generazioni precedenti.
Dall’altro lato gli adulti potrebbero avere una visione non aderente alla realtà nel dare giudizi sulle giovani generazioni, viste esclusivamente come dipendenti dai dispositivi elettronici, mettendo in secondo piano i veri interessi giovanili. Com’è emerso dal convegno, di primo acchito gli adolescenti di oggi danno la distorta percezione di sembrare dei supereroi indistruttibili e pieni di fiducia. La tecnologia con le sue infinità possibilità di relazioni li fanno sembrare in grado di avere a disposizione tutti gli strumenti per poter “stare” in un contesto così tecnologizzato. Ed invece, dietro questa maschera si celano, insicurezze, ansie, vulnerabilità, che vanno riconosciute e debellate.
Importante in questo senso, dovrebbe essere la capacità di dialogo dei genitori in primis. Spesso nelle famiglie italiane succede che ogni componente occupa il suo piccolo spazio, senza comunicare con gli altri. Una piccola comunità senza relazioni fattuali, perché la tecnologia ha fagocitato tutti, grandi e piccoli. Ognuno comunica con la propria realtà virtuale e non con le persone che ci sono intorno. E poi ci si meraviglia delle ansie, dei timori, delle insicurezze dei ragazzi? Inoltre proporre dei progetti educativi da parte delle istituzioni preposte che mettano al centro le problematiche dei ragazzi. E qui dovrebbe intervenire quella che una volta veniva definita “buona politica”, altrimenti non se ne viene fuori!