Riunione del Cnosp al Viminale. Attenzione anche sui flussi migratori irregolari per intercettare soggetti potenzialmente pericolosi.
Roma – Massima allerta in Italia dopo l’attacco dell’Iran a Israele, con gli obiettivi sensibili da tenere sotto controllo. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, come rivelano fonti del Viminale, al termine del Comitato nazionale per la sicurezza (Cnosp) convocato in questo allarmante scenario, ha dato mandato alle forze dell’ordine di rafforzare tutte le attività di prevenzione coordinandosi con l’intelligence. Al centro della riunione, le strategie da assumere, avendo ben presente che “il rischio principale per la sicurezza deriva dalle potenziali azioni di lupi solitari”.
All’indomani dell’attacco dell’Iran ad Israele, da parte degli apparati c’è attenzione anche sui flussi migratori irregolari per intercettare soggetti potenzialmente pericolosi. A tal proposito permangono in vigore i controlli alla frontiera Est. C’è stato “un proficuo aggiornamento sui profili di rischio rispetto ai possibili
riflessi in Italia delle tensioni internazionali”. Confermato poi il viaggio di Piantedosi a Tunisi mercoledì
con la premier Giorgia Meloni; il titolare del Viminale avrà un bilaterale con il suo omologo. Presto, inoltre, ci sarà un incontro a Roma anche con il collega libico.
Intanto lo scenario è questo: Israele risponderà presto all’attacco iraniano, forse già oggi. Lo scrive il Wall Street Journal, che cita fonti americane e occidentali, che esprimono tuttavia l’auspicio che questo non avvenga, avendo sia Tel Aviv che Teheran rivendicato la vittoria nell’attacco di sabato sera, che gli permette di avere una via d’uscita dall’escalation. Intanto, dopo tre ore di discussioni, è stata interrotta – e dovrebbe riprendere domani – la riunione del gabinetto di guerra israeliano incentrata sulla possibile risposta dello Stato ebraico all’attacco di Teheran, ha riferito l’emittente Channel 12.
Il gabinetto di guerra, composto da Benjamin Netanyahu, dal ministro della Difesa Yoav Gallant, dall’ex ministro della Difesa Benny Gantz e da diversi altri consulenti, si era già riunito ieri sera. Secondo fonti della Cnn, tutti sarebbero determinati a una risposta. Ma oltre a una potenziale risposta militare, si valuterebbero anche opzioni diplomatiche per isolare ulteriormente l’Iran. Secondo le fonti Gantz spingerebbe per una risposta veloce, convinto che più si aspetta più sarà difficile raccogliere il sostegno internazionale per questo attacco, mentre a frenare sarebbe il premier Netanyahu. Fra le proposte considerate, quella di un attacco contro un sito in Iran che possa inviare un messaggio, ma senza provocare vittime.
Le autorità militari israeliane hanno intanto revocato le restrizioni imposte alla popolazione civile alla vigilia dell’attacco iraniano, in particolare sulle attività previste in ambito scolastico e sulle riunioni in luoghi pubblici e sul posto di lavoro. Fanno eccezione alcune località del paese situate nei pressi del confine con Gaza o con il Libano. Ai cittadini viene comunque chiesto di assicurarsi – nel caso sia necessario – di poter raggiungere in breve tempo un rifugio in caso di emergenza.
Intanto da una parte e dall’altra si studiano le mosse: se Israele dovesse reagire al raid di sabato scorso, la risposta dell’Iran sarà “immediata, più forte e più ampia”, ha dichiarato quindi il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, durante un colloquio telefonico con il suo omologo britannico, David Cameron, nel quale ha ribadito che la Repubblica islamica non vuole “l’escalation”. Amir-Abdollahian ha quindi criticato il governo britannico per il suo appoggio a Tel Aviv nella guerra a Gaza. “È sorprendente che, nonostante migliaia di tonnellate di bombe siano state sganciate sulla popolazione oppressa di Gaza negli ultimi sei mesi, l’Inghilterra sia preoccupata per la risposta della Repubblica Islamica dell’Iran al brutale attacco del regime israeliano contro sedi diplomatiche nel quadro del principio della legittima difesa ai sensi dell’articolo 51 dalla Carta delle Nazioni Unite”, ha affermato.
Israele avrebbe invece deciso di rinviare la sua annunciata offensiva militare a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dopo l’attacco iraniano. Lo riporta la Cnn, citando due fonti israeliane anonime, secondo cui proprio oggi le Idf avevano in programma di rendere noti gli ordini di evacuazione per le circa 1,4 milioni di persone che vivono nella città. Quei piani per il momento sono stati accantonati. L’emittente pubblica Kan, precisa la Cnn, ha riferito la stessa notizia nelle scorse ore, ma il Likud, il partito del primo ministro Netanyahu, ha smentito. Nel dibattito entra anche il presidente francese Emmanuel Macron intervistato da Bfmtv.
Per Macron l’Iran ha risposto ”in modo sproporzionato” all’attacco al suo consolato a Damasco inviando droni e missili a Israele. In ogni caso ”la Francia farà di tutto per evitare una escalation in Medioriente” e cercherà di ”convincere Israele a non rispondere” all’attacco subito dall’Iran. ”Abbiamo condannato, siamo intervenuti, faremo di tutto per evitare una escalation”, ha assicurato il capo dell’Eliseo, convinto che sia necessario ”piuttosto isolare l’Iran, aumentare le sanzioni e trovare una via verso la pace nella regione”. Macron ha detto inoltre di ”sperare in una tregua olimpica” che sospenda il conflitto nella Striscia di Gaza tra Hamas e Israele, ma anche l’aggressione russa dell’Ucraina.
Per Hamid Ziarati, scrittore, ingegnere e insegnante iraniano naturalizzato italiano, l’attacco dell’Iran contro Israele ha tutte le caratteristiche di “un’azione di propaganda sia da una parte che dall’altra. Una propaganda che serve, a ciascuna parte, come arma di distrazione di massa. Bibi Netanyahu ha tutto l’interesse – fa notare – a spostare la tensione sulla crisi con l’Iran, coinvolgendo la Repubblica Islamica in questa guerra, perché vuole entrare a Rafah. Mentre, dall’altra parte, in Iran, combinazione, esattamente nello stesso giorno la polizia morale ha ripreso a dare la caccia alle donne malvelate, ad arrestarle, picchiarle, multarle eccetera”. E a “pagare il prezzo più alto di questa propaganda – conclude – è la popolazione civile palestinese e quella iraniana, per non parlare di quello che hanno pagato già gli israeliani, per la follia di pochi disperati il 7 ottobre”.