Contro la privatizzazione della sanità greca il regime risponde con i metodi sbrigativi del ministro Georgiatis
Manganellate e lancio di gas lacrimogeni. Così la polizia antisommossa greca ha risposto alle proteste dei medici ospedalieri di Atene in seguito alle manifestazioni contro la privatizzazione della sanità ellenica. La proposta europea di convertire il sistema sanitario greco in una veste più americana è stata accolta con entusiasmo dal ministro dello Sviluppo e degli Investimenti Adonis Georgiadis, il quale ai microfoni del Forum di Capital Link “Invest in Greece” di New York ha espressamente dichiarato: “L’unica domanda che ci poniamo è perché non lo facciamo più velocemente? Perché siamo così in ritardo? Perché non stiamo vendendo di più e non stiamo privatizzando tutto? Il nostro appetito è così grande, che ogni mese che passa si ingrandisce.”
Le parole del ministro Georgiadis non lasciano molto spazio ad interpretazioni. Nella Grecia governativa sembra ormai accettata completamente la linea europea per la quale l’uscita dalla crisi economica è vincolata alla distruzione del welfare. Le misure imposte dalla Troika ad Atene hanno avuto degli effetti impressionanti: se fino al 2008 la spesa nazionale sanitaria si aggirava intorno ai 15 miliardi, oggi non supera i 7/8. Se prima del 2008 la proporzione tra persone assunte a tempo pieno nella sanità che andavano in pensione e nuovi occupati era di 2 a 1, oggi si calcola che per ogni 5 pensionati solo 1 persona viene effettivamente assunta alle medesime condizioni contrattuali.
Il risultato è stato una progressiva erosione dei servizi sanitari, con un conseguenziale sviluppo del privato, che di fatto ha reso la sanità non più un diritto inalienabile del cittadino, ma pura espressione del rango sociale.
La risposta dell’OENGE (Associazione ellenica dei medici ospedalieri) non si è fatta attendere: pochi giorni fa i medici ateniesi hanno cercato di irrompere nella sala Aigli per interrompere l’evento dove la Panhellenic Medical Association (PIS) discorreva in merito alla pianificazione della collaborazione tra il settore privato e quello della sanità pubblica.
“I medici privati lavoreranno negli ospedali pubblici – ha dichiarato il portavoce dell’OENGE spiegando il motivo delle proteste di piazza -, la gestione delle attrezzature tecnico-mediche sarà gestita da società private e lo status degli ospedali pubblici sarà trasformato in quello delle società private”.
Il governo di Kyriakos Mītsotakīs ha prediletto la strada della violenza a quella del dialogo. Alle proteste dei medici ha risposto dispiegando gli agenti antisommossa che davanti all’ostinazione dei camici bianchi hanno replicato con manganellate e lancio di fumogeni.
Appare sempre più chiaro, infine, che gli interessi della BCE non si sposino con gli interessi dei normali cittadini comunitari. La voglia di privatizzare ogni settore strategico dell’economia ha mutato anche l’eticità della stessa classe politica, ormai unicamente concentrata nel concepire lo stato nazionale come una piccola e personale azienda. Per riuscire a massimizzare il profitto, dunque, sono stati necessari tagli verso il campo sanitario e dell’istruzione, con conseguenti ripercussioni nella vita quotidiana della cittadinanza. È forse un caso che proprio in Grecia a distanza di quarant’anni di distanza la difterite sia tornata a colpire mortalmente? Sembrerebbe di no.
Probabilmente è arrivato il momento di mettere in discussione non già soltanto il MES, ma proprio tutto il sistema europeo se vogliamo preservare almeno i minimi diritti del cittadino e del lavoratore, altrimenti di questo passo anche avere la febbre sarà un diritto riservato a pochi.