In atto, nel mondo, sono più di due milioni le specie animali minacciate. Anche l’Italia non è immune da questa realtà. Persino il pettirosso è vittima di bracconaggio e finisce per diventare l’ingrediente principale della polenta con gli osei.
“L’umanità si trova oggi ad un bivio: una via conduce alla disperazione, l’altra all’estinzione totale. Speriamo di avere la saggezza di scegliere bene”. Woody Allen
Se è vero che, dal punto di vista scientifico, l’estinzione è un fenomeno naturale, che si verifica dall’alba dei tempi, tuttavia la responsabilità e l’influenza che gli esseri umani hanno in questo processo è sempre maggiore. Un fenomeno che riguarda tutti i continenti, non solo quelli privi di una moderna, consapevole e sempre più diffusa coscienza ambientale. Diminuzione degli spazi vitali, distruzione degli habitat, inquinamento, cambiamenti climatici, bracconaggio e commercio illegale sono le principali ragioni che stanno causando la scomparsa di centinaia di specie ogni anno, nonostante la loro preservazione dovrebbe essere nell’interesse di tutti.
Questo processo rischia di cambiare le sorti della Terra se non avviene un radicale mutamento nella percezione e nell’attenzione al problema, con il ricorso ad un atteggiamento serio e responsabile da parte di tutti. Eppure la salute del nostro pianeta deriva soprattutto dalla tutela e dall’equilibrio degli ecosistemi della Terra, via via sempre più minacciati e deteriorati. E’ un fenomeno biologico, che oggi assume contorni a dir poco allarmanti, tanto che qualcuno addirittura sostiene che sarebbe in corso la sesta estinzione di massa (dopo quella che spazzò via i dinosauri, 65 milioni di anni fa): la condizione che si è venuta a creare, a partire dalla rivoluzione industriale, ha portato tanti esseri viventi, ma anche una grande quantità di varietà vegetali, alla scomparsa. Ciò non avviene non a causa di fattori naturali, ma per effetto della manomissione dell’essere umano sull’ecosistema.
Forse non tutti sanno che, tra le specie più a rischio, vi sono sono animali a cui ognuno di noi è affezionato fin dall’infanzia: tigri, leoni, tartarughe, orsi, balene, aquile e persino giraffe. Non molto tempo fa abbiamo pianto la morte dell’ultimo esemplare maschio di rinoceronte bianco dell’Africa Settentrionale, che ne ha decretato l’estinzione.
Nessuno conosce le cifre precise, ma, secondo i dati dell’IUCN (International Union for Conservation of Nature), che, ciclicamente, stila la lista rossa delle specie che stanno scomparendo, oggi sono minacciati un quarto dei mammiferi e un ottavo degli uccelli; ma anche gli anfibi, che soffrono maggiormente il danno all’ambiente; e pure i rettili e i pesci non se la passano meglio. Vi è un’incapacità generale e diffusa di mantenere stabili i livelli di biodiversità.
Probabilmente molti di noi vivranno abbastanza a lungo per vedere la scomparsa di specie animali o di insetti che non erano a rischio fino a pochi anni fa, considerato che, al contrario di quanto avviene per tutti gli altri mammiferi, la quantità di esseri umani sulla Terra continua a crescere. L’uomo è dunque destinato a restare solo con poche altre bestie da lui protette e allevate per i propri scopi.
L’Europa e l’Italia non sono escluse dal fenomeno: solo nella nostra nazione sono oltre 200 gli animali in pericolo o che addirittura sono già spariti per sempre.
Di questo passo, con tutta probabilità, non vedremo più l’orso bruno marsicano, il simbolo delle nostre montagne, ma anche l’aquila del Bonelli, la pernice bianca, il gipeto, la testuggine e la lucertola delle Eolie.
Persino il dolce, tenero e fragile pettirosso, anziché venire tutelato, è vittima del bracconaggio e finisce per diventare l’ingrediente principale della polenta con gli osei.