Dall’esito delle europee dipenderanno nuovi equilibri e anche il futuro della riforma della giustizia. Incognita separazione delle carriere.
Roma – Ipotesi rimpasto dopo le elezioni europee. Sulla graticola ci sarebbero ben 7 ministri, compreso quello della Giustizia Carlo Nordio, colpevole di aver “pestato i calli alla magistratura con i test psico-attitudinali, e in procinto di realizzare la riforma delle riforme: la separazione delle carriere tra giudici e pm. Silurato per aver imbroccato la via delle riforme che la casta della magistratura ha bollato come illegittime. Lesa maestà. Lui che non è espressione diretta di alcun partito, era stato scelto da Meloni per il suo essere da sempre uno spirito libero, tanto da arrivare a sfuriate terribili con Silvio Berlusconi che voleva a tutti i costi un azzurro a via Arenula. Un battitore libero, insomma, che ora rischia di ritorcersi contro il suo ruolo che non si piega ai diktat del governo.
Gli occhi puntati, mentre i rumors sulla sostituzione del Guardasigilli si rincorrono, sono su via Arenula e sul post-Nordio. Quali opzioni si prospettano all’orizzonte? Scenario uno, che attualmente è quello più di moda: sostituito col sottosegretario Alfredo Mantovano, secondo i voleri di Giorgia Meloni. Il ministero guadagnerebbe un “uomo macchina”, disciplinato e meticoloso conoscitore dei dossier, ma il paese perderebbe ancora una volta, con ogni probabilità, la separazione delle carriere. Mantovano, ex-magistrato, rappresenta la continuità con una cultura giudiziaria di una destra se non giustizialista certamente securitaria e che non ha la separazione delle carriere e dei Csm in cima ai propri pensieri. Inoltre Mantovano si sta spendendo fortemente per il premierato, quello sì in cima o ogni desiderio di Palazzo Chigi.
Scenario due, che dipende dal risultato delle elezioni europee. se ci fosse un exploit di Forza Italia, che sorpassa la Lega e reclama a gran voce delle compensazioni a livello di governo, la casella della Giustizia, allora, rientrerebbe a buon diritto nelle richieste azzurre, che avrebbero come primo papabile l’attuale viceministro Francesco Paolo Sisto. A quel punto, la partita però non sarebbe esente da turbolenze interne alla maggioranza, per una verosimile reazione d’orgoglio del Carroccio, ma anche da turbolenze interne ai partiti stessi, le cui diverse sensibilità non andrebbero comunque scontentate.
Scenario tre, non cambiare nulla per evitare una reazione a catena. E in quel caso il buon Nordio resterebbe al suo posto ma con un ampio mandato a fare la riforma. Enrico Costa, già viceministro alla Giustizia e poi ministro per gli Affari regionali per il Governo Renzi e deputato da cinque legislature, oggi è vicesegretario di Azione e il responsabile del dipartimento Giustizia del partito di Carlo Calenda. Lui non ha dubbi: “Penso che tocchi a Nordio scegliere se galleggiare o lasciare il segno. Comprendo che non si possa trasformare in norma ogni sua convinzione. Però mi sembra che lui abbia un pò dismesso i panni del giurista e stia vestendo sin troppo i panni del politico, rinunciando ad affermare la sua identità. A forza di mediazioni, si perde forza e linea riconoscibile”.
Per Costa fare politica “significa anche dire dei no, quando vanno contro le tue convinzioni. Significa astenersi dal fare le cose in conflitto con la propria storia. Sul premierato, il rapporto tra separazione delle carriere e premierato ha visto soccombere la separazione delle carriere. Mi sarei aspettato un Nordio che batte i pugni sul tavolo. Invece ha prevalso l’accondiscendenza. Io mi batto perché il pensiero di Nordio prevalga, perché so che è il mio stesso pensiero. Quelli che in Parlamento vogliono la separazione delle carriere sono la stragrande maggioranza. Dobbiamo farla emergere”.