Il presidente dopo la cocente sconfitta: “Abbiamo perso e non ce l’aspettavamo. Il popolo indica la strada che vuole intraprendere”.
Istanbul – “Una questione di onore politico”. Dopo la più dura sconfitta della sua carriera politica, Recep Tayyip Erdogan promette che ascolterà gli “avvertimenti” ricevuti dai suoi elettori che non sono andati a
votare alle amministrative di domenica scorsa. Dopo aver riconosciuto il fallimento durante la notte post elettorale, il Sultano non si è più visto pubblicamente ma ha partecipato al vertice del suo partito Akp, che alle amministrative è stato superato per la prima volta dalla maggiore forza di opposizione, il Chp, tra l’altro incassando uno dei peggiori risultati della sua storia.
Il presidente turco non è un politico abituato a perdere e stavolta ha fallito pesantemente la missione di riconquistare Istanbul e Ankara, ma ha perso anche nelle altre tre città più popolose della Turchia ottenendo una sconfitta ben più sonora rispetto a cinque anni fa. Basti pensare che nella capitale Ankara il distacco tra il sindaco uscente Mansur Yavas e il candidato di Erdogan è di quasi 30 punti, mentre a Istanbul, strappata nel 2019 dopo una lotta all’ultimo voto, il leader dell’opposizione Ekrem Imamoglu è stato confermato sindaco con 11 punti di distacco su Murat Kurum. Scelto personalmente da Erdogan per riconquistare la metropoli sul Bosforo, quest’ultimo si è dimostrato personaggio mediocre, incapace di lasciare traccia e conquistare gli elettori.
Tutto il contrario di Imamoglu, animale politico che per mesi ha fatto valere i risultati raggiunti nei precedenti cinque anni e con fierezza ha risposto agli attacchi subiti dalla magistratura. La sconfitta del 2019 aveva lasciato ad Erdogan la consolazione di aver mantenuto il controllo sulla maggioranza dei distretti della città; a distanza di 5 anni il Partito popolare repubblicano (Chp) ha completamente rovesciato la situazione, passando da 16 a ben 26 quartieri conquistati su un totale di 39.
“Affronteremo il messaggio che ci hanno dato i nostri cittadini attraverso le urne in modo chiaro e profondo, le elezioni del 31 marzo sono state un punto di svolta”, ha detto dopo la riunione il portavoce dell’Akp, Omer Celik, a cui Erdogan ha affidato il compito di mostrarsi in pubblico per tentare di rassicurare l’elettorato. “La nostra nazione ha espresso degli avvertimenti, è nostro dovere ricevere e valutare il messaggio in tutte le sue dimensioni”, ha aggiunto Celik mentre le prime pagine dei quotidiani del Paese hanno individuato nella crisi economica il motivo della caduta dell’Akp.
“Il risentimento è il terzo partito”, ha sentenziato il giornale Turkiye mentre per Posta, tra i quotidiani più venduti, “ora gli occhi sono puntati sull’economia”, che arranca da anni, con l’inflazione che ha superato il 67% e la valuta nazionale sempre più debole. Il filogovernativo Yeni Safak cerca di portare ottimismo anche nella disfatta. “Ora inizia un lavoro di 4 anni”, titola il giornale, facendo riferimento al 2028, quando sono in programma le prossime consultazioni presidenziali, e vede nel magro risultato dell’Akp comunque una occasione per riflettere e andare avanti.
Il presidente turco aveva recentemente affermato che le amministrative sarebbero state per lui “una finale”, alludendo al fatto che la legge non gli permette di candidarsi per un nuovo mandato. Non è facile però immaginare un appuntamento elettorale in Turchia senza Erdogan e dal suo partito fanno già sapere che esisterebbero dei cavilli nella Costituzione per permettere al leader di candidarsi ancora. Sembra comunque quasi certo che lo sfidante dell’Akp alle prossime presidenziali sarà Ekrem Imamoglu, il carismatico sindaco di Istanbul, riconfermato alle amministrative con un sostegno più ampio rispetto alla prima vittoria di cinque anni fa.
L’Akp ha definito il voto di domenica “una festa per la democrazia” ma oggi il suo portavoce ha affermato che il governo non può intervenire sulla rimozione del sindaco Abdullah Zeydan, eletto tra le fila del partito filocurdo Dem a Van, nel sud est, con più del 55% dei consensi. A meno di 48 ore dalla vittoria, il Consiglio elettorale ha tolto l’incarico a Zeydan a causa di una sentenza risalente al passato. La decisione è stata subito contestata a Van con una dimostrazione di piazza, ben presto dispersa dalle forze dell’ordine. Dure critiche sono arrivate anche dal maggior partito di opposizione Chp che ha parlato di “un’imboscata” agli elettori, dal momento che Zeydan era stato accettato tra i candidati e da mesi faceva campagna elettorale.
Il partito Dem ha difeso il suo sindaco e vede nella rimozione lo spettro di quanto già accaduto con le precedenti amministrative, quando la formazione filocurda trionfò nel sud est, come in queste consultazioni, ma a pochi mesi dal voto i suoi sindaci furono accusati di legami con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), ritenuto da Ankara terrorista, e sostituiti con amministratori di nomina governativa.
Ma per Erdogan le brutte notizie non finiscono qui. Dopo 22 anni l’Akp perde lo scettro di prima forza del Paese e per la prima volta scende sotto il 36%, mentre il Chp dopo 25 anni supera il limite del 27% e conquista il 37%. Una sconfitta cocente, che a differenza del 2019 non ha avuto alcuno strascico polemico. Erdogan ha parlato dopo la mezzanotte dalla sede del proprio partito nella capitale Ankara, ha ammesso la sconfitta e ribadito “il rispetto assoluto per la volontà popolare”. “Abbiamo perso e non ce lo aspettavamo, ma le elezioni sono il momento in cui il popolo indica la strada che vuole intraprendere. Sta a noi imparare dagli errori”, ha detto il presidente.