Nel Salernitano la ragazza milanese ha trovato il suo inferno, in balia della famiglia dell’ex fidanzato e abbandonata dai servizi sociali.
PONTECAGNANO FAIANO (Salerno) – Il 18 aprile prossimo un’intera famiglia alla sbarra per la morte di Marzia Capezzuti, la ragazza milanese di 28 anni il cui cadavere è stato ritrovato in un casolare della Piana del Sele, a Pontecagnano Faiano, nell’ottobre del 2022. In Corte d’Assise a Salerno verranno giudicati Barbara Vacchiano, sorella del fidanzato della vittima, e il marito Damiano Noschese, reclusi in carcere, accusati di omicidio aggravato, occultamento di cadavere, maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona, utilizzo fraudolento di carta di debito e riduzione in stato di incapacità di intendere e di volere mediante sevizie e crudeltà.
Lo ha stabilito il giudice per le udienze preliminari, Giovanna Pacifico, accogliendo la richiesta avanzata dal pubblico ministero Licia Vivaldi, titolare delle indagini svolte prima dai militari dell’Arma in forza al nucleo Operativo e Radiomobile di Battipaglia e poi dai carabinieri del nucleo Investigativo provinciale di Salerno. Presso il tribunale dei Minori, invece, è iniziato il 15 dicembre scorso il processo a carico del figlio detenuto della coppia, all’epoca dei fatti di 15 anni. Nel 2014 la povera Marzia aveva lasciato la sua famiglia a Milano per inseguire un amore poi finito male. La giovane si era innamorata di Alessandro Vacchiano, conosciuto su Facebook.
Tre anni dopo il giovane sarebbe morto di overdose e Marzia si sarebbe trasferita in casa della sorella Barbara la quale avrebbe accusato la ragazza della morte del fratello, picchiato sino alla rottura dell’osso del collo. La vittima rimane in casa dei parenti acquisiti sino a quando non venivano a galla i maltrattamenti subìti da Marzia che, nel 2022, arrivano alla ribalta delle cronache. Nonostante una denuncia le violenze contro la badante milanese sarebbero proseguite sino al 7 marzo di due anni fa quando della Capezzuti, una volta buttata fuori di casa, non si avranno più notizie. La ragazza però era già morta e il cadavere, distrutto dall’acido e in parte dai maiali, sarebbe rimasto per sette mesi nascosto all’interno di un edificio diroccato dove veniva ritrovato dagli investigatori.
I carabinieri hanno poi ricostruito i movimenti dei tre congiunti culminati con il decesso di Marzia Capezzuti grazie ad una videochiamata fatta dal figlio minore della coppia e registrata dalla sorella di Barbara, Annamaria Vacchiano (oggi ai domiciliari per spaccio di droga), che consegnava il file agli inquirenti. Attraverso il labiale del ragazzino un esperto telematico della Procura ricostruiva alcune frasi riferite dal minore nel breve video senza audio:” Abbiamo finito. L’abbiamo portata a fare un giro. L’abbiamo tirata”.
Indubbiamente si parlava di Marzia e di come i tre congiunti se ne sarebbero barbaramente liberati. Annamaria, sconvolta dalle torture subite dalla vittima, avrebbe deciso di raccontare ai carabinieri i fatti di cui era a conoscenza. La giovane ammetteva di avere assistito alle torture inflitte alla vittima, affetta da turbe psicologiche, fra cui l’ingestione forzata di un mozzicone di sigaretta. Insomma la ragazza milanese sarebbe stata seviziata come nei lager nazisti: frustata, marchiata a fuoco, presa a calci e pugni, legata, sottoposta ad estirpazione violenta dei denti e derubata della sua pensione di invalidità. Ma c’è di più: Barbara Vacchiano pare si fosse inventata altre malattie e addirittura che Marzia fosse incinta di uno sconosciuto pur di spillare soldi ai suoi genitori. Insomma una storiaccia rivoltante che nasconde altri lati oscuri.
Il Comune di Pontecagnano Faiano, le associazioni Spazio Donna, Posto Suo e Polis, si sono costituite parte civile e il Gup Giovanna Pacifico ha accettato l’istanza ma il padre della vittima, Ciro Capezzuti, si era opposto alla costituzione:
”Il Comune faccia ciò che vuole – ha dichiarato Ciro Capezzuti in tv – Io spero che i magistrati approfondiranno altre posizioni e se ci sono responsabilità che siano pagate. Non voglio additare nessuno, non voglio fare accuse ma resto della mia opinione personale: sono sdegnato, rispetto l’operato dei giudici ma, secondo me, delle altre responsabilità ci sono. Oggi Marzia sarebbe ancora viva se fossero stati fatti opportuni controlli”.
Pare infatti che i servizi sociali avrebbero avuto in carico la disabile mentre la famiglia in cui viveva sarebbe stata sotto osservazione. Una volontaria avrebbe anche segnalato la grave situazione ma nessuno sarebbe intervenuto.