Omar Cosi doveva a Enore Saccò 12mila euro: “E’ caduto all’indietro, inciampando in qualcosa, ho provato a rianimarlo ma era già morto”.
BRESSANA BOTTARONE (Pavia) – Rimane dietro le sbarre il presunto assassino di Enore Saccò, 75 anni, l’ex tipografo ritrovato carbonizzato in casa propria il 15 febbraio scorso. La vittima sarebbe stata uccisa a calci e pugni per un debito di 12mila euro. A contrarre l’obbligazione sarebbe stato Omar Cosi, 35 anni, gestore del bar “Il Clan dello Zarro”, di piazza Marconi a Bressana Bottarone, provincia di Pavia. L’uomo, conduttore dell’immobile di proprietà di Saccò, avrebbe dovuto al pensionato i 12mila euro a fronte della vendita della licenza dell’esercizio commerciale e di mensilità non pagate.
Un giorno prima dell’omicidio, l’11 febbraio, Saccò si sarebbe presentato nel locale di Cosi pretendendo il saldo del debito e minacciando il gestore di sfrattarlo per morosità qualora non avesse onorato l’impegno. Il giorno dopo, di contro, Cosi avrebbe ricambiato la visita recandosi in via Gramsci con intenzioni bellicose dicendo all’artigiano in quiescenza di avere bisogno di più tempo per saldare la somma di denaro. A questo punto, fra i due, si sarebbe scatenato un violento alterco, forse un corpo a corpo durante il quale il barman avrebbe colpito con calci e pugni il povero Saccò che cadeva stecchito sul pavimento del salone.
Omar Cosi avrebbe riferito al Gip Luigi Riganti che si sarebbe trattato però di un tragico incidente rivelatosi fatale:
” È caduto all’indietro – avrebbe detto l’indagato al magistrato – inciampando in qualcosa, e ha battuto la testa. Ho provato a rianimarlo ma era morto. Non volevamo ucciderlo”. Nella ricostruzione dei carabinieri, coordinati dal Pm Giuliana Rizza, Cosi avrebbe provato a caricare il cadavere dell’anziano pensionato sul suo furgone ma non ci sarebbe riuscito. Da qui la scoperta di diverse macchie di sangue nel mezzo di Saccò lasciate negli interni e sulla carrozzeria nel maldestro tentativo di caricare il corpo senza vita della vittima.
Con l’aiuto di due complici, Sohal Nakbi, tunisino di 26 anni, e Davide Del Bo, 40 anni, il gestore del bar avrebbe lasciato la salma di Saccò all’interno del garage appiccando poi il fuoco alla villetta in più punti nella speranza che le fiamme avrebbero distrutto il cadavere e qualsiasi altra prova del piano criminale mal congegnato. I resti carbonizzati di Saccò venivano rinvenuti il 15 febbraio dai vigili del Fuoco di Pavia, unitamente al suo furgone. Grazie alle telecamere stradali e alle intercettazioni telefoniche i militari riuscivano ad identificare il terzetto che, dopo un’indagine lampo, veniva assicurato alla giustizia.
Omar Cosi è stato arrestato per omicidio volontario mentre Nakbi e Del Bo sono indagati per incendio doloso, distruzione e occultamento di cadavere. È tornato a piede libero, seppur ancora sotto indagine, un quarto amico, tale Antonio Berdicchia di 30 anni, che avrebbe negato qualsiasi coinvolgimento con l’omicidio ammettendo di avere ricevuto dai tre indagati alcuni sacchetti di plastica di cui volevano disfarsi. I sacchetti, dopo alcuni giorni, sarebbero stati restituiti ai tre balordi dallo stesso Berdicchia che anche secondo gli investigatori sarebbe estraneo ai fatti delittuosi. Ma non è finita. In casa della nonna di Cosi i carabinieri del Nucleo Investigativo di Pavia avrebbero trovato una pistola dunque la posizione dell’indagato per omicidio volontario verrebbe aggravata dal reato di detenzione abusiva di arma da fuoco.
A che cosa gli sarebbe servita quella rivoltella non utilizzata nell’uccisione del pensionato? Pare anche che il telefonino della vittima sia stato ceduto ad una donna in cambio di una dose di droga. A vendere il cellulare di Saccò, rimasto acceso anche dopo l’omicidio del proprietario, sarebbe stato Nakbi. A seguito di una delle numerose perquisizioni, proprio in casa della donna di Bressana, veniva ritrovato un quantitativo di stupefacente bastevole per incriminare di spaccio l’amica di Nakbi. Del telefonino, però, nessuna traccia. La donna se ne sarebbe disfatta gettandolo a fiume una volta saputo a chi apparteneva. Ma la faccenda si complica: un’altra donna, che doveva soldi alla vittima, sarebbe stata contattata da Cosi che in cambio di 200 euro si sarebbe offerto di distruggere un suo assegno di 500 euro intestato a Saccò, ritrovato in casa della vittima e sottratto dal barista. L’inchiesta prosegue.