Il premier resta imperturbabile sugli effetti che un’eventuale elezione di Donald Trump alla guida Usa potrebbe portare sullo scenario internazionale.
Roma – “Se torna Trump che cambi la politica estera americana non lo posso dire, che cambi la nostra politica estera, questo no”. Il premier Giorgia Meloni resta imperturbabile sugli effetti che un’eventuale elezione di Donald Trump negli Stati Uniti potrebbe portare sullo scenario internazionale. Ma sarà vero che il cambio della guardia alla guida dell’America non cambierà anche gli assetti politici e geopolitici?
Il Presidente del Consiglio insiste che per l’Italia non cambia niente. “Italia e Stati Uniti – ha detto la leader di Fdi ospite tv di Nicola Porro – sono due alleati solidissimi, e hanno sempre avuto ottime relazioni indipendentemente dal cambio del presidente del Consiglio italiano o del presidente americano. Cioè voglio dire, oggi si discute ‘ah con Trump cambierebbero le cose’, ma lei se lo ricorda quali erano i rapporti al tempo della Presidenza Trump? Non ricordiamo i tweet di endorsement per Conte? Ma era una politica comunque di alleanza alta”.
Tutto apparentemente tranquillo e composto all’orizzonte quindi. Di certo però sono in gioco equilibri internazionali e nazionali, visto il diverso ruolo ricoperto oggi da Meloni rispetto a quando, da parlamentare e leader di partito, poteva farsi vedere trumpiana a cuor leggero. The Donald dalla sua ha mostrato apprezzamento nei confronti della Giorgia nazionale, parlando della premier italiana come di una personalità politica ‘trustable’, affidabile.
A colloquio con il deputato italo-americano di Fratelli d’Italia Andrea Di Giuseppe, residente a Miami, eletto nella circoscrizione estero dell’America centrale-settentrionale, Trump ha tessuto le lodi di Meloni. Il parlamentare, doppio passaporto da vent’anni, è un uomo d’affari. Prima di Natale ha incontrato l’ex presidente repubblicano intenzionato a tornare alla Casa Bianca. Una visita monitorata dai vertici del governo: ne erano a conoscenza il capo di gabinetto Gaetano Caputi e il consigliere diplomatico Alessandro Cattaneo. Dunque anche Meloni.
E non è un mistero che anche la leader di Fratelli d’Italia abbia sempre avuto simpatie per Trump. Lei è stata l’unico politico italiano invitato a febbraio 2020 al National prayer breakfast, dove è intervenuto il presidente Usa. In quell’occasione, a Washington, Giorgia Meloni aveva ascoltato ammirata il presidente degli Stati Uniti che sventolando la copia del ‘Washington Post’ con il titolo ‘Assolto’, aveva lanciato un durissimo ‘j’accuse’ contro le “persone disoneste e corrotte” che avevano “fatto di tutto per distruggerlo e per ferire la nazione” con la richiesta di impeachment.
La leader di Fratelli d’Italia allora aveva molto apprezzato le parole ‘Dio, patria, famiglia’ nel discorso del presidente Trump: parole che in Italia, aveva commentato “sembrano quasi eversive, negli Stati Uniti sono al governo e danno risposte importanti”. Tra le righe dell’intervento del presidente Usa, aveva identificato i temi della “difesa dell’identità, dei confini, delle imprese, dei prodotti, delle famiglie americane. L’orgoglio dell’identità, nelle altre nazioni del mondo, sta dando ottimi frutti e ottimi risultati”.
“È la ricetta che vogliamo portare in Italia – aveva detto Meloni dopo aver ascoltato quel discorso – dove anche noi vogliamo difendere i nostri prodotti, le nostre aziende, i nostri confini e le nostre famiglie. Lo faremo, quando finalmente l’Italia avrà un governo di patrioti capace di difendere i suoi interessi nazionali e avere, al contempo, ottime relazioni internazionali“. Il governo patriota oggi c’è, e anche le relazioni internazionali proseguono a gonfie vele; e anche quelle parole, Dio, Patria, Famiglia, riecheggiano nella politica Meloni.
Insomma le ‘affinità elettive’ tra i due ci sono. Cosa accadrà non si sa: alle elezioni presidenziali americane mancano poco più di dieci mesi, ma Trump è agguerritissimo e pronto a riprendersi la scena. Intanto le sue manovre verso la poltrona presidenziale esplodono a suon di interviste tv. Toni arrembanti e grinta, tuonando anche a distanza quando i due rivali interni al fronte repubblicano – Nikki Haley e Ron DeSantis – si sfidano in tv e lui, da Fox News, avverte che “i mercati crolleranno” se non vincerà le elezioni.
The Donald darà filo da torcere agli avversari, questo è certo, con la sua eloquenza pungente e ironica. L’uomo che trova un soprannome per ogni sfidante. ‘Sleepy Joe’, ‘Phony Kamala’, ‘Fat Jerry’, i nomignoli con cui Trump si diverte a insultare nemici e sfidanti sono ormai noti. Al presidente Joe Biden gli è stato affibbiato il soprannome ‘Sleepy Joe’, ovvero Joe l’addormentato, con ovvie allusioni alle sue comparsate non particolarmente sveglie. Non risparmia neppure le rivali in politica.
Dalla acerrima nemica nelle elezioni del 2016 Hillary Clinton (chiamata di solito Crazy o Crooked Hillary), fino alla vice di Biden Kamala Harris (soprannome preferito Phony, cioè “falsa”), Trump ha sempre un aggettivo prediletto per lo scontro. Giorgia invece è ‘trustable’, una politica affidabile per Trump, che secondo i sondaggi potrebbe avere un’altra chance alla guida degli Stati Uniti.
Ci si chiede già chi sarà il suo vice. In pole position c’è Elise Marie Stefanik, 39 anni, deputata eletta a New York. Padre di discendenza ceca e madre di origini italiane, Elise è stata il primo membro del Congresso ad appoggiare la seconda campagna del milionario. Ma la strada da percorrere è ancora lunga, e riserverà di certo non pochi colpi di scena.