Presi dai carabinieri a Mazara del Vallo. Secondo la Dda erano tra i fedelissimi del boss e hanno finanziato la sua latitanza.
Mazara del Vallo – Tessera dopo tessera carabinieri e Dda stanno disarticolando il complicato mosaico di complicità e connivenze che hanno favorito la trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa nostra arrestato il 16 gennaio 2023 nei pressi di una clinica privata di Palermo e morto di cancro il 25 settembre, otto mesi dopo la cattura, nel carcere de L’Aquila.
In questa cornice investigativa si inseriscono i tre arresti effettuati questa mattina a Mazara del Vallo dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani su mandato della Dda di Palermo, persone accusate dagli inquirenti di appartenere alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo (Trapani). Si tratta dell’imprenditore mazarese Giovanni Vassallo, 71 anni, che ha avuto gli arresti domiciliari, Emilio Alario, palermitano di 61 anni, e Giuseppe Lodato, mazarese di 32 anni.
Dalle carte di quest’ultima operazione emerge che Matteo Messina Denaro cercò un rifugio sicuro anche in Tunisia. In base alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia fu proprio uno degli arrestati, Giovanni Vassallo, ad essere stato contattato da Giovanni Scimonelli, tra i principali finanziatori della latitanza del capomafia di Castelvetrano, perché gli trovasse un rifugio nel paese africano.
Secondo gli investigatori i tre finiti in manette stamane avrebbe fatto parte della rete di fedelissimi che gestiva le comunicazioni di Matteo Messina Denaro e avrebbe contribuito a finanziarne la latitanza. In particolare uno degli arrestati avrebbe partecipato ad una rapina commessa a Palermo ad aprile del 2015 e il cui bottino, secondo quanto dichiarato dal pentito Attilio Fogazza, era destinato alla famiglia di Matteo Messina Denaro.