L’interrogatorio è iniziato verso le 10 e terminato mezz’ora dopo. Il ragazzo ha pianto davanti al gip, poi ha confermato le dichiarazioni rilasciate al momento dell’arresto in Germania.
Venezia – Filippo Turetta ha ammesso l’omicidio di Giulia Cecchettin. A comunicarlo è l’avvocato Giovanni Caruso, legale del giovane. Il ragazzo, arrestato in Germania e tradotto nei giorni scorsi nel carcere a Verona, ha confermato le ammissioni rese alla polizia tedesca sull’omicidio dell’ex fidanzata con dichiarazioni spontanee al gip.
Filippo ha pianto davanti al gip ma si è avvalso della facoltà di non rispondere
Stamani l’interrogatorio era iniziato intorno alle 10 ma già alle 10.30 la giudice e il pm erano usciti perché, piangendo, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Dopo l’interrogatorio, il legale ha parlato per circa due ore con Turetta e al termine, lasciando il carcere, ha detto che il 21enne ha “ritenuto doveroso rendere dichiarazioni spontanee con le quali ha sostanzialmente confermato le ammissioni fatte alla polizia tedesca”. In quelle dichiarazioni, non valide nel procedimento italiano, il ragazzo aveva detto, in sostanza, di aver ammazzato Giulia e di non avere poi avuto il coraggio di uccidersi. Ora con queste dichiarazioni di conferma, Turetta ha di fatto ammesso l’omicidio dell’ex fidanzata.
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L’avvocato di Elena, la sorella di Giulia: “Turetta ha compiuto anche stalking”
Per Nicodemo Gentile, il legale di Elena Cecchettin, sorella di Giulia, l’omicidio è “aggravato dallo stalking”. Filippo Turetta, infatti, spiega l’avvocato Gentile, ha “dimostrato di essere un ‘molestatore assillante’, il suo comportamento, come sta emergendo da più elementi da noi già raccolti, è connotato da plurime e reiterate condotte che descrivono ‘fame di possesso’ verso la nostra Giulia”. Si tratta, ha chiarito, di “un assedio psicologico che aveva provocato nella ragazza uno stato di disorientamento e di importante ansia”. E ancora: “Un uso padronale del rapporto che ha spinto il Turetta prima a perpetrare reiterate azioni di molestie e controllo, anche tramite chiamate e messaggi incessanti, e poi, in ultimo l’omicidio, al fine di gratificare la sua volontà persecutoria”.