Quando l’austerity la pagano i bambini

Promemoria per il falchi di Bruxelles: un bambino su quattro in Europa è a rischio povertà o esclusione sociale.

Roma – Il Covid ha lasciato un deserto di macerie sociali sulle quali ha preso a banchettare, con cinico tempismo, la crisi indotta dalla guerra in Ucraina. A pagare il prezzo più salato sono le famiglie più povere e al loro interno i componenti più fragili, i bambini.

Le famiglie povere sono in costante aumento

A suonare l’allarme è l’ultima rilevazione dell’Eurostat che registra come il trend della percentuale di bambini europei a rischio di povertà ed esclusione sociale sia in crescita per il terzo anno consecutivo: nel 2022 era il 24,7% dei minori rispetto al 24,4% nel 2021, al 24% e al 22,8% nei due anni precedenti.

I valori più alti a livello nazionale sono stati registrati in Romania (41,5%), Bulgaria (33,9%) e Spagna (32,2%). Al quarto posto tra i peggiori si posizione l’Italia che, con una quota pari a circa il 28%, perde una posizione e viene superata dalla Grecia in miglioramento. Al contrario, Slovenia (10,3%), Repubblica Ceca (13,4%) e Danimarca (13,8%) hanno registrato le quote più basse. Da segnale i casi di Francia e Slovacchia che, in un solo anno, hanno avuto un peggioramento di quasi 5 punti percentuali (rispettivamente 27,4 e 24%). In totale, si calcola che dalla pandemia in poi ci siano 1,5 milioni di minori in più a rischio (19,9 in totale) nei Paesi dell’Unione europea.

Riforma del patto di stabilità: l’Europa chiede nuovi tagli

L’ufficio statistico dell’Unione europea sottolinea come il dato rischi di avere pesanti ripercussioni in futuro. E’ come se l’Unione stesse tagliando il ramo su cui poggia. “I bambini che crescono in condizioni di povertà o di esclusione sociale – spiega infatti il report – hanno difficoltà ad andare bene a scuola, a godere di buona salute e a realizzare appieno il loro potenziale più avanti nella vita. Inoltre, corrono un rischio maggiore di diventare disoccupati, poveri e socialmente esclusi da adulti”. Vengono definiti a rischio povertà o esclusione sociale coloro che si trovano in una di queste tre situazioni: chi ha un reddito disponibile al di sotto del 60% del valore mediano nazionale; persone che soffrono di gravi privazioni materiali e sociali; persone che vivono in una famiglia con un’intensità lavorativa molto bassa.

Quando la povertà infantile diventa diffusa, la percentuale di uno su 4 spaventa in un continente che ha inventato il welfare e che si picca di essere ricco e inclusivo, non può che generare una società futura più fragile, povera e meno competitiva. Per questo è sulle queste percentuali e non sul costo del denaro che l’Europa si gioca il domani. Bisognerà ricordarlo quando i falchi appollaiati a Bruxelles cominceranno a volare in cerchio invocando il ritorno di regole di bilancio più stringenti con la revisione del patto di stabilità e crescita. Come se il covid e l’Ucraina non fossero mai esistite, e milioni di famiglie non stessero ancora lottando per la sopravvivenza. Invocare nuovi tagli di bilancio sarebbe come tagliare il famoso ramo.

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