L’inchiesta sulla sparizione della bambina prosegue senza soste. Sembra che in molti sappiano che cosa sia accaduto ma l’omertà rimane padrona della situazione. Probabilmente un video di una telecamera, le confessioni di una bambina che giocava con Kata e qualche confidenza della madre agli inquirenti potranno dissolvere la nebbia che offusca le indagini.
FIRENZE – La Procura ha notificato cinque avvisi di garanzia ad altrettante persone sospettate di essere coinvolte nella scomparsa di Cataleya Mia Alvarez, detta Kata, la bambina di 5 anni sparita lo scorso 10 giugno nel capoluogo toscano. L’avviso di garanzia informa ciascuno degli indagati per sequestro di persona a scopo di estorsione che il pubblico ministero eseguirà attività a cui i loro difensori hanno diritto di assistere: in questo caso si tratta del reperimento di materiale genetico in alcuni oggetti di proprietà degli indagati, per capire se abbiano o meno a che fare con la sparizione della minore.
Fra le cinque persone sotto inchiesta figurano due zii di Kata, rispettivamente uno fratello del padre e l’altro della madre, che potrebbero avere a che fare, anche indirettamente, con il rapimento. Anzi per uno di loro, tale Abel Argenis Alvarez Vasquez, secondo il giudice Angelo Antonio Pezzuti, sussisterebbero gravi indizi di colpevolezza per quanto riguarda il racket degli affitti all’interno dell’ex hotel Astor di via Maragliano ormai sgomberato. Forse i due fatti potrebbero essere correlati dunque Kata potrebbe essere stata rapita per motivi che hanno a che fare con l’affitto delle stanze e per riavere la bimba potrebbe essere stato richiesto un riscatto. I cinque individui nel mirino degli inquirenti erano tutti domiciliati nel vecchio albergo e tre di loro sarebbero stati ripresi dalle telecamere di sicurezza il giorno della scomparsa di Cataleya mentre uscivano dall’ex hotel con due trolley e una grossa borsa.
Contenitori che, per le loro dimensioni e secondo i magistrati inquirenti, avrebbero potuto contenere ben nascosta la bambina, probabilmente narcotizzata. In questo senso però non tutti gli investigatori sarebbero d’accordo. Gli altri due indagati invece occupavano diverse stanze della struttura, nei cui bagni sarebbero state ritrovate tracce di sangue. L’ex struttura recettiva era occupata dal 2022 e al momento della scomparsa di Kata vi sarebbero state alloggiate circa 140 persone, tra cui più di 30 bambini. Spesso si verificavano risse e aggressioni tra la comunità rumena e quella peruviana a causa soprattutto del grosso giro di affitti abusivi. Dopo la scomparsa della bambina la struttura è stata sgomberata e perlustrata più volte ma per mesi le indagini hanno segnato il passo.
Come dicevamo i due zii indagati sono quello materno, Abel Argenis Alvarez Vasquez, 29 anni, arrestato già lo scorso 5 agosto per l’inchiesta sul racket delle camere, e quello paterno, Marlon Edgar Chicclo Romero, 19 anni. I due parenti sono le ultime persone che hanno custodito la bambina nel giorno in cui si sono perdute le sue tracce. Gli investigatori, nei nuovi sopralluoghi, concentrano la loro attenzione su tre camere: la 104, 201 e 203 a caccia di qualsiasi reperto biologico. La 104 si trova al piano terra dell’albergo ed è la camera dove alloggiava la bambina nei giorni antecedenti alla sua sparizione. Al primo piano si trovano invece le altre due stanze occupate all’epoca dei fatti dalla famiglia di Kata. La scientifica avrebbe trovato tracce ematiche nei rubinetti dei bagni mentre la Procura ha proceduto con il sequestro di un valigione di colore celeste e un trolley.
Detti contenitori, il giorno della sparizione di Kata, erano nella disponibilità di un cittadino rumeno di 29 anni e di due cittadine peruviane di 31 e 26 anni. Le tre persone sarebbero state riprese dalle telecamere mentre uscivano e rientravano dall’hotel con quelle valigie. A breve saranno resi noti gli esiti degli accertamenti. Nel frattempo Miguel Angel Romero Chicclo, papà di Kata, ha pensato bene di remare contro la magistratura:
”Le attenzioni dei Pm verso mio fratello e mio cognato sono offensive – avrebbe fatto intendere l’uomo – in Procura non mi dicono niente, noi siamo i genitori, vogliamo sapere almeno qualcosa. Siamo con l’angoscia di non sapere nulla, quindi fare questa cosa di indagare mio fratello e mio cognato mi fa pensare tante cose, che non trovano niente e vogliono mettere nei guai noi, la mia famiglia, e questo non va bene…”.
Stessa cosa ha detto la moglie, Katherine Alvarez, che nei prossimi giorni rivelerà agli inquirenti alcuni particolari utili alle indagini dicendosi disposta a pagare un riscatto per riavere la figlia viva.