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Bancarotta fraudolenta: era una società vicina alla ‘ndrangheta

Eseguita una ordinanza nei confronti di 6 soggetti, indagati per reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e trasferimento fraudolento di valori.

Milano – I finanzieri del Comando Provinciale meneghino, nell’ambito di un’attività di indagine coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, stanno eseguendo una “ordinanza applicativa di misura cautelare personale e reale” nei confronti di 6 soggetti (di cui 3 in carcere, 1 agli arresti domiciliari e 2 destinatari di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), indagati per reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e trasferimento fraudolento di valori, nonché un sequestro preventivo dell’intero capitale sociale di una società che possiede un immobile del valore di 2,8 milioni di euro.

Parallelamente, è in corso di esecuzione un ulteriore decreto di sequestro preventivo emesso in via d’urgenza dal pubblico ministero, riferito ai beni nella disponibilità di uno degli indagati tratti in arresto, di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati; il citato provvedimento finalizzato alla cosiddetta confisca allargata riguarda, in particolare, una villa a due piani di 700 mq circondata da un ampio giardino di 5.000 mq all’interno di un residence di Casatenovo, in provincia di Lecco del valore di oltre 2 milioni di euro.

Piazza Cadorna a Milano – Foto di: GdF

Le attività investigative, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano e coordinate dalla locale A.G., hanno consentito di ricondurre la reale proprietà del predetto complesso immobiliare, situato nel Comune di Calco in provincia di Lecco, a due soggetti gravati da numerosi precedenti per reati economico-finanziari di natura fraudolenta (bancarotta, frode fiscale, riciclaggio, abusivismo finanziario) e in contatto con soggetti appartenenti a consorterie di ‘ndrangheta.

In particolare, le indagini hanno rivelato come il frequente ricorso, da parte degli indagati, a prestanomi, veicoli societari fittizi ed articolati negozi giuridici fosse finalizzato a riciclare capitali illeciti provenienti da plurimi reati tributari e fallimentari e ad eludere le misure di prevenzione patrimoniale previste dalla normativa antimafia.

Nel corso delle indagini, sono inoltre emerse ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche a carico di una delle società riconducibili agli indagati, che aveva richiesto una contribuzione pubblica erogata da SIMEST S.p.A., del valore di oltre 1 milione di euro, per la metà circa già incassato, in relazione ad attività di internazionalizzazione nei contesti geografici dell’Ucraina, della Russia e dell’Albania, che sarebbero risultate fittizie.

Sono attualmente in corso perquisizioni nelle province di Milano, Torino, La Spezia, Monza-Brianza, Napoli e Lecce che vedono impiegate anche unità cinofile del Corpo per la ricerca di denaro contante (cash-dog).

Si evidenzia che il procedimento penale verte ancora nella fase delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.

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