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Lavoro sommerso, un 2023 all’insegna del “nero”

Un 2023 che non vede diminuire le irregolarità in merito al lavoro sommerso e che conferma l’utilizzo smodato di manodopera senza contratti regolari. Sono ben 55 i casi rilevati da gennaio.

Pordenone – Da gennaio a oggi, le Fiamme Gialle del Comando provinciale della città friulana hanno effettuato 37 interventi a contrasto del lavoro sommerso e irregolare, individuando – nei settori delle lavorazioni agricole, dei trasporti, del commercio e dei bar e ristoranti – 55 lavoratori in nero, 40 dei quali stranieri, tra i quali 8 privi del permesso di soggiorno e 10 muniti del solo visto turistico e, pertanto, non impiegabili in attività lavorative.

Sono stati verbalizzati 28 datori di lavoro per l’illecito impiego di manodopera e per 17 di loro è stata disposta, dal competente Ispettorato territoriale del Lavoro, la sospensione dell’attività, prevista per chi impiega personale “in nero” in misura superiore al 10% del totale delle maestranze regolari. Per ogni lavoratore “in nero” scoperto è stata irrogata, al relativo datore di lavoro, la “maxisanzione” con diffida, che prevede una pena pecuniaria che va da un minimo di 1.800 euro a un massimo di 10.800 euro.

Gli ultimi interventi, in ordine temporale, sono stati effettuati dai finanzieri del gruppo di Pordenone e della tenenza di Spilimbergo, rispettivamente nel settore agricolo e in quello del commercio di prodotti alimentari e di abbigliamento. Nel primo caso, in un vigneto della campagna sacilese, i militari del capoluogo del Friuli Occidentale hanno individuato 3 lavoratori indiani in nero, 2 dei quali privi di regolare permesso di soggiorno e uno già destinatario di un “decreto di espulsione” emesso dalla questura di Ferrara.

Nel corso di un controllo presso un negozio gestito da cittadini cinesi – nel cui ambito sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro diversi capi di abbigliamento per bambini, privi dei minimali requisiti di sicurezza – i finanzieri della città del mosaico hanno, invece, individuato due lavoratori, uno cinese e uno pakistano, entrambi non regolarmente assunti. In questo caso, poiché le risorse “in nero” erano ben più del 10% di quelle regolarmente assunte, il competente Ispettorato Territoriale del Lavoro, tempestivamente intervenuto, ha disposto l’immediata sospensione dell’attività.

La Guardia di Finanza opera una costante vigilanza a tutela del lavoro e attua una efficace azione di contrasto a tutte quelle forme di illeciti che contribuiscono ad alterare gli equilibri economici e finanziari del Paese. Il lavoro nero rappresenta, infatti, una delle piaghe più odiose per l’intero sistema economico perché sottrae risorse all’Erario, mina gli interessi dei lavoratori, spesso sfruttati, e integra una competizione sleale con le imprese oneste.

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