Gli italiani indigenti sono sempre di più: a rischio soprattutto i giovani. Ma anche le famiglie in povertà assoluta sono il doppio rispetto a 15 anni fa. Come fermare la spirale di decadenza?
Roma – Si pensa tanto a infrastrutture, PNRR e ai tanti dossier economici e green. Spesso però non ci si interroga sui fatti che determinano un sempre maggiore stato di povertà di alcune classi sociali, private delle più elementari forme di umanità e sostegno. Ovviamente se non si eliminano le cause che determinano queste sacche di miseria strutturata, ogni strumento, se non appropriato, risulterà inidoneo e comunque estremamente provvisorio.
Le politiche sociali sono risultate inadeguate, per lo meno sino ad oggi. Infatti, per quanto riguarda il rischio di povertà tra i giovani, l’Italia è il quinto peggior Paese in Europa. Ma la peggiore in assoluto è la Danimarca, poi ci sono Grecia, Spagna e Romania. Subito sotto l’Italia seguono Svezia, Bulgaria e Germania.
Insomma 1/4 dei giovani italiani rischia di cadere in ristrettezze. Lo ha rivelato Eurostat, l’istituto di statistica europeo, nei suoi dati aggiornati al 2021. Nella fascia tra i 15 e 29 anni di età, infatti, il rischio miseria colpisce poco meno del 25% delle persone in Italia. Si intende per “pericolo di povertà” la situazione di una persona che ha un reddito netto al di sotto della 60% della media nazionale. Guardando a tutta la popolazione, in Europa il rischio povertà è in media presente per il 16,8% degli abitanti. L’Italia è al di sopra di questa media, con il 20% dei residenti a rischio.
Il dato europeo è comunque significativo e non riguarda solo la situazione italiana. Nel 2021 il pericolo della povertà in generale è stato più alto per i giovani nella fascia 15-29 anni rispetto al resto della popolazione. La media europea infatti era, come detto, al 16,8%, mentre la media continentale per i giovani saliva al 20,1%.
Eurostat ha anche rilevato un tasso di grave deprivazione materiale e sociale, cioè la mancanza assoluta della maggior parte dei beni o servizi che sono necessari per avere condizioni di vita adeguate. Si tratta di persone che non possono affrontare spese impreviste né di pagare i debiti arretrati, come mutuo, affitto o bollette. Altri criteri sono, ad esempio, la possibilità di pagarsi un pasto composto da carne, o comunque pesce, oppure un equivalente vegetariano e, almeno una volta ogni due giorni, la possibilità di utilizzare un’auto.
Ma l’indigenza si manifesta anche con il fatto di non avere una connessione Internet, vestiti nuovi per sostituire quelli rovinati e persino avere più di un paio di scarpe della giusta taglia. Questo status, nel 2021, era al 6,3% per la popolazione generale e leggermente più basso, al 6,1%, per i giovani. Ciò significa che comunque più di un giovane su venti, nell’Unione europea, si trova in una situazione di grande penuria dal punto di vista economico e sociale.
In questo caso, all’apice della classifica – con il tasso di deprivazione più alto – ci sono Romania, Bulgaria e Grecia, con dati tra il 15% e il 25%. L’Italia, con il 5,6%, si è posizionata leggermente al di sotto della media e meglio di Spagna (7,7%) e Francia (6,4%), ma comunque peggio della Germania (4,8%). In Italia però si registrano sempre più diseguaglianze sociali ed economiche, con il 10% dei maggiori patrimoni italiani che alla fine del 2021 possedeva oltre sei volte la ricchezza della metà più povera della popolazione.
Peraltro una quota di famiglie in povertà assoluta, sul totale fra il 2005 e il 2021, è più che raddoppiata. Ora, anche a causa dell’alta inflazione, vi è una grave erosione del potere d’acquisto delle famiglie, fra adeguamenti salariali che non arrivano e una caduta dei salari reali nei primi 9 mesi dell’anno che ha raggiunto i 6,6 punti percentuali.