Il caso della studentessa universitaria di Lettere, attivista di estrema sinistra, dileguatasi come un fantasma nel luglio del 1994, lascia ancora molti interrogativi aperti. E quando si parla di sparizioni ri-spunta Marco Accetti, il fotografo che diceva di avere le mani in pasta con la sparizione della Orlandi e Gregori.
Roma – “Accompagno una mia collega che deve fare gli esami di maturità, poi torno e vengo con voi dal nonno”. Queste sono le ultime parole di Alessia Rosati, 21 anni, studentessa universitaria di Lettere a La Sapienza, dirette ai suoi genitori quella maledetta mattina afosa del 23 luglio 1994. La giovane usciva dalla sua abitazione di via Val di Non a Montesacro e si recava presso l’istituto scolastico dove la sua amica del cuore, Claudia, avrebbe sostenuto gli esami di maturità. Alle 12.45 le due giovani tornavano verso casa a piedi ma Alessia non sarebbe mai giunta a destinazione. Letteralmente sparita come un fantasma. Nessuna segnalazione, nessun avvistamento. Nulla di nulla.
Tre giorni dopo la denuncia di scomparsa, presentata dai genitori Antonio e Anna Rosati, giungeva una lettera indirizzata a Claudia, l’amica di Alessia che conosceva sin dall’infanzia. Nella missiva, scritta di pugno dalla giovane e spedita tre giorni dopo la sua scomparsa, come aveva attestato a suo tempo la grafologa giudiziaria Monica Manzini, la studentessa riferiva di avere incontrato una vecchia conoscenza, un ragazzo conosciuto vicino casa, in via Conca d’Oro, e la ferma volontà di intraprendere un lungo viaggio in Europa in compagnia di questo giovane. Poi più nulla. A parte le ricerche e le indagini assai lacunose dell’epoca, chiuse per altro frettolosamente a detta dei genitori, quella lettera rappresentava, e forse rappresenta tuttora, l’unico punto fermo della vicenda che senza dubbio andava approfondita.
Antonio Rosati, vigile urbano in pensione, e la moglie Anna, già dipendente della Regione, hanno sempre ritenuto che quella lettera fosse stata una sorta di messaggio di aiuto scritto da Alessia sotto costrizione o minacce. La ragazza, inserendo dettagli inesatti, conosciuti soltanto ai suoi, avrebbe richiesto un aiuto simulato:
”Sapevamo che frequentava il centro sociale Hai visto Quinto? – raccontano i genitori – ma non che avesse contatti con esponenti di Autonomia Operaia, nella sede di via dei Volsci. Strano che nessuno dei suoi tanti amici si fosse prodigato nel cercarla”.
Forse Alessia era andata via per motivi politici? Eppure quella lettera non avrebbe indicato affatto una stato d’ansia o di pressione psicologica, affermava la grafologa Manzini nella sua perizia, dunque tutt’altro che un messaggio di soccorso:
“Nessun elemento oggettivo che avvalori l’allontanamento volontario oppure il fatto che la lettera sia stata scritta sotto minaccia – scrive la Ctu della Procura – a mancare nella grafia sono i segni di terrore/paura come tremori, stentatezza o angolosità improvvise. Emergono con chiarezza tuttavia alcuni aspetti di fragilità emotiva e ansia, manifestata dagli accavallamenti delle lettere e il bisogno di evasione/fuga/indipendenza…”.
In parole povere Alessia Rosati nello scrivere quel testo non era terrorizzata, spiega la grafologa, e questo porta ad escludere che la ragazza si sentisse minacciata da qualcuno, ma al tempo stesso manifestava delle evidenti fragilità emotive e psicologiche, come se stesse per lanciarsi in una impresa al di sopra delle proprie possibilità. Secondo la Manzini andava escluso anche l’allontanamento volontario, nonostante la ragazza esprimesse un desiderio di autonomia:
”Allo stesso tempo bisogna anche escludere che le ultime parole scritte da Alessia contenessero un messaggio in codice ai genitori – si legge nella perizia – perché sarebbe stato più logico inviare la lettera direttamente a loro. Quindi, si può anche ragionevolmente ipotizzare un nuovo scenario: la ragazza potrebbe aver voluto far credere alle persone da cui stava scappando che andava fuori dall’Italia, per mettersi al riparo da pericoli”.
E passano gli anni ma nel 2015 balza alla ribalta delle cronache Marco Accetti, 67 anni, fotografo con precedenti penali, che nel 2013 si era autoaccusato del sequestro di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. L’uomo riferiva alla famiglia Rosati di aver conosciuto Alessia, di averla ospitata a casa sua e di poter mettere la mano sul fuoco sul suo destino: rapita da personaggi che gravitavano nei servizi segreti nell’ambito delle tensioni esplose nel Sisde nel 1994, dopo lo scandalo dei fondi neri. Di concreto niente. Nel 2019 sono ripartite le indagini. Una sensitiva afferma che Alessia sarebbe stata sepolta nel Parco delle Valli. In un preciso punto della vasta area verde sarebbe stato rinvenuto un frammento di osso lungo laddove i cani molecolari avevano avvertito qualcosa. Accertamenti in corso.