Il doppio gioco sentimentale del killer lo avrebbe portato all’omicidio di Kristina Gallo. La ragazza era stata oggetto di stalking, costretta a non frequnetare più nessuno, nemmeno la figlia piccola, per colpa dell’amante geloso e violento. Ma l’uomo si dichiara innocente.
Bologna – La doppia vita gli pesava troppo e non è riuscito a mantenere il controllo, men che meno il castello di menzogne che aveva costruito con le due donne, di cui una non sapeva dell’altra. Per gli inquirenti sarebbe stato questo il movente che avrebbe portato Giuseppe Cappello, 44 anni, ad uccidere Kristina Gallo, 27 anni, la ragazza trovata morta nel suo appartamento, senza vestiti e con le gambe sotto al letto, il 26 marzo 2019. In pratica l’uomo non teneva più sotto controllo la grave situazione e temeva che la vicenda venisse a galla.
La giovane barman, infatti, si era presentata in casa dei genitori dell’uomo minacciando di rendere pubbliche alcune foto e di raccontare ai carabinieri di una pistola che deteneva Cappello, pare illegalmente, e di cui la ragazza conosceva la provenienza: ”Questa è una pericolosa, non ha paura di nulla”, diceva Cappello parlando con un amico al telefono e riferendosi a Kristina. La conversazione era stata registrata mediante un’applicazione telefonica ed è inserita nel cospicuo faldone d’inchiesta che inchioda Cappello alle sue responsabilità addebitandogli l’omicidio.
La vittima era stata rinvenuta cadavere, nuda e con gli arti inferiori sotto il letto, nella sua abitazione di via Andrea da Faenza, il 26 marzo del 2019. Era stato il fratello a afre la macabra scoperta. Sulle prime si era pensato ad un malore, di origine cardiaca, ovvero ad una morte naturale ma la tenacia degli investigatori, in particolare del Ris di Parma e della Polposta, portava ad una conclusione ben più drammatica: femminicidio. Kristina era stata soffocata e poi abbandonata in casa in compagnia del proprio cane che è rimasto accanto alla padrona sino al rinvenimento del corpo senza vita.
Dopo verifiche biologiche, comparazioni di Dna e, soprattutto, a seguito dell’analisi di seimila file audio, chat ed sms, cancellati da Pc e telefono in uso all’ex fidanzato della vittima e ritrovati dagli esperti, gli inquirenti risalivano al presunto assassino già indagato per stalking. I carabinieri hanno ricostruito la relazione tra i due e le presunte violenze perpetrate dall’odierno imputato in danno della vittima, che sarebbe stata “minacciata, picchiata e soggiogata” dal suo amante “che l’ha trascinata in un baratro di ozio, droga e isolamento”. Ma c’è di più. Per causa della “gelosia ossessiva” di Cappello, si legge in atti, Kristina “aveva perso il lavoro, non aveva amicizie, e si era allontanata dalla sua famiglia e persino dalla figlia di soli 7 anni”. Tutto questo “per rincorrere le vane promesse di stare insieme, ricominciare a vivere altrove, in Sicilia, e persino sposarsi”. Tutte balle.
I militari accertavano anche che la giovane, nel suo ultimo mese di vita, trascorreva le sue giornate in una sorta di isolamento, senza telefono poiché Cappello glielo aveva sottratto, distrutto e poi ceduto ad uno spacciatore. La donna era priva di avvicinare amici o di parlare con qualche conoscente. Poteva e doveva avere contatti solo con Cappello che la vittima aveva definito come ”psicopatico stalker”. In casa di Kristina sono state rinvenute esclusivamente tracce appartenenti all’imputato come le chiavi della sua auto, i dispositivi medici che utilizzava, il suo Dna sugli indumenti e sotto le unghie di Kristina che forse aveva tentato di difendersi.
Per tutti questi motivi e per altri nei riguardi di Giuseppe Cappello è stato chiesto il rinvio a giudizio per omicidio aggravato dallo stalking e oggi, 4 aprile, davanti al Giudice per le udienze preliminari, verranno ascoltati i consulenti medico-legali che si sono occupati del decesso della vittima pare senza raggiungere una soluzione unanime. Tre perizie infatti non sarebbero servite a determinare le esatte cause della morte mentre per il Procuratore aggiunto Francesco Caleca e il sostituto Stefano Dambruoso, la donna sarebbe morta asfissiata dall’uomo all’apice di una colluttazione.
L’avvocato difensore Gabriele Bordoni ha presentato per il suo assistito la richiesta di rito abbreviato:
” Oggi i consulenti ci spiegheranno lo scempio subìto da Kristina Gallo – dice l’avvocato Barbara Iannuccelli – abbiamo chiesto al costituzione di parte civile per l’associazione La Caramella Buona che rappresento in questo processo. 7000 file di telefonate registrate in cui l’aguzzino insulta e atterrisce la vittima. Uno stato di segregazione morale e materiale, dice la Procura, ecco in quale stato era ridotta la povera ragazza”.