Venezia – Tangenti per terreni su cui costruire una RSA. Due ex sindaci nei guai

Tutto è partito da un cittadino che doveva vendere un terreno e si è sentito chiedere un “compenso extra” da funzionari del Comune per autorizzare il cambio d’uso da agricolo a edificabile.

Venezia – Dalle prime ore di questa mattina su delega della Procura della Repubblica di Venezia, i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale, stanno dando esecuzione a 6 ordinanze cautelari nei confronti di altrettanti indagati pubblici funzionari, imprenditori e liberi professionisti domiciliati nelle province di Venezia e Padova, per reati contro la pubblica amministrazione e altro. Due ex sindaci di Santa Maria di Sala (Venezia), Nicola Fragomeni, attuale presidente del Consiglio Comunale e coordinatore provinciale di Coraggio Italia, e Ugo Zamengo, consigliere comunale. Gli imprenditori padovani arrestati sono Battista Camporese e Mauro Cazzaro. Tutto ruota attorno alla costruzione di una casa di riposo a San Maria di Sala. Tra gli indagati anche il responsabile di una partecipata del Comune di Venezia. L’altro arrestato è il direttore dell’ufficio tecnico del Comune di Santa Maria Di Sala, geometra Carlo Pajaro. Il sesto è un architetto libero professionista di Santa Maria di Sala, Marcello Carraro.

Nel corso dell’indagine, svolta tra il 2019 e il 2022 mediante servizi di osservazione e pedinamento, analisi incrociata dei tabulati telefonici e attività tecniche, sono stati raccolti gravi indizi di reità nei confronti degli indagati in ordine alle modalità, ritenute irregolari, con cui sarebbero stati stipulati gli accordi per la realizzazione di strutture e interventi di interesse pubblico, da parte dell’allora primo cittadino del Comune di Santa Maria di Sala, attuale presidente del medesimo Consiglio comunale.

Nicola Fragomeni, attuale presidente del Consiglio Comunale, e Ugo Zamengo.

Da tali dinamiche avrebbero tratto vantaggio, oltre all’allora sindaco, un componente del consiglio comunale, che in precedenza aveva anch’esso ricoperto l’incarico di primo cittadino salese, un dirigente comunale, il titolare di uno studio di architettura e degli imprenditori. Gli amministratori pubblici, in concorso con il dirigente comunale, avrebbero posto in essere atti contrari ai doveri d’ufficio e rivelazioni di segreti d’ufficio volti a favorire la realizzazione di strutture e interventi di interesse pubblico in cambio di compensi illeciti versati loro da imprenditori compiacenti, che sarebbero stati preferiti ad altri concorrenti poiché disposti ad accettare le richieste economiche degli amministratori comunali.

Gli indagati, in particolare, avrebbero attivato una stretta collaborazione al fine di mettere in contatto gli imprenditori con un privato cittadino per l’acquisto di un terreno, per il quale sarebbe stato sottoscritto un contratto preliminare di acquisto subordinato alla modifica della destinazione d’uso, con lo scopo di realizzarvi una nuova Residenza Sanitaria Assistenziale. Per l’approvazione della delibera comunale relativa al cambio di destinazione del terreno e del relativo bando per la realizzazione dell’opera, sarebbe stata richiesta una rilevante somma che avrebbe dovuto essere spartita tra gli amministratori comunali.

L’arrivo dei carabinieri in Comune.

La realizzazione dell’opera non sarebbe al momento iniziata, poiché a sua volta subordinata ad uno specifico provvedimento della Regione Veneto, Ente estraneo all’indagine che, per ragioni del tutto indipendenti dai fatti oggetto dell’indagine, non avrebbe deliberato l’assegnazione di posti letto per la specifica esigenza per l’anno 2022. Ulteriori gravi indizi di reità contestati agli indagati riguarderebbero l’acquisto di presidi sanitari, soprattutto mascherine, che l’allora primo cittadino di Santa Maria di Sala avrebbe richiesto, con il meccanismo dell’affidamento diretto, a uno stretto familiare che, con l’ipotizzata condotta illecita, si sarebbe assicurato unitamente al congiunto un ingente guadagno personale illecito stimato in 60.000 euro.

Le indagini delegate dalla Procura di Venezia ai carabinieri del Comando Provinciale di Venezia, pertanto, permesso di raccogliere gravi elementi a carico degli indagati, che oggi sono stati raggiunti dall’ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Venezia e collocati presso le proprie abitazioni, in regime degli arresti domiciliari.

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