Centinaia di chierichetti hanno voltato le spalle all’arcivescovo Rainer Maria Woelki in segno di protesta per aver insabbiato casi di violenza sessuale su minori nella sua diocesi. Purtroppo la pedofilia nella Chiesa è dura a morire e questo nonostante gli sforzi di moralizzazione e tollerenza zero voluti da Papa Francesco.
Roma – La rivolta dei chierichetti. “Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti”. Chi non ricorda la famosa poesia “La spigolatrice di Sapri” di Luigi Mercatini ispirata alla fallita spedizione di Sapri di Carlo Pisacane, eroe risorgimentale, nata con lo scopo di innescare una rivolta anti borbonica nel Regno delle Due Sicilie? Oggi potremmo dire: “Sono duecento, sono giovani e forti, e non sono morti”. Per fortuna, perché si tratta dei coraggiosi chierichetti che hanno voltato la schiena all’arcivescovo di Colonia Rainer Maria Woelki. Il prelato è stato accusato di aver coperto i casi di violenza sui minori nella sua diocesi. Il fatto è accaduto il 3 ottobre a Roma nella basilica di San Paolo.
L’encomiabile e vistoso gesto di protesta si è verificato mentre il monsignor officiava la messa solenne. La notizia non è che abbia avuto molta eco sulla stampa. Il quotidiano “Domani” ha dedicato ampio spazio all’accaduto, nell’ambito dell’inchiesta: “La violenza nella Chiesa italiana”, a cura di Federica Tourn. L’aspetto interessante è che il reportage ha potuto avere inizio grazie alle donazioni dei lettori, caratteristica, al momento esclusiva del “Domani”, almeno in Italia. L’arcivescovo ha reagito piuttosto stizzito, affermando che non era quello il luogo idoneo per una siffatta manifestazione, poiché si stava tenendo “una celebrazione di unità e pace”.
Il “Domani” ha spiegato che la celebrazione della messa era parte integrante del pellegrinaggio a Roma dei ministranti appartenenti alla diocesi del cardinale di Colonia. All’inizio della predica, mentre piccoli gruppo di giovani, di età compresa tra i 14 ed i 30 anni, si sono alzati mostrando le spalle all’alto prelato, altri sono usciti dalla chiesa. Fra le navate della chiesa è rimbalzato a più voci il grido: “Woelki deve andarsene”. Il “casus belli” è esploso perché l’arcivescovo di Colonia ha occultato, non rendendolo pubblico, come era doveroso fare, il rapporto sugli abusi sessuali da lui commissionato nel 2019 allo studio allo studio legale “Westpfahl Spilker Wast” con sede a Monaco di baviera. Un altro rapporto, redatto nel 2021 ha fatto emergere che nell’arco di 43 anni, dal 1975 al 2018, sono state accertate 314 vittime di abusi e 202 abusatori.
Di cui due terzi sacerdoti. In realtà l’arcivescovo è risultato estraneo all’accusa di copertura del fattaccio, ma i frequentatori della chiesa, con molta probabilità, sospettano che non tutto è emerso e non è palese la sua estraneità. Per la cronaca, dopo la diffusione del secondo report, Papa Francesco ha effettuato una visita apostolica nella diocesi tedesca, decidendo di sospendere WoelKi per sei mesi.
La scorsa primavera è stato reintegrato nel suo ruolo, ma ha presentato le dimissioni. Al riguardo il Papa sta temporeggiando, per cui l’arcivescovo ha potuto effettuare il pellegrinaggio a Roma coi chierichetti. La notizia ha avuto vasta eco in Germania, mentre la nostra stampa ha fatto calare l’oblio, a parte il quotidiano “Domani” su sollecitazione dei lettori. Gli abusi sessuali perpetrati su adolescenti da esponenti del clero fanno parte, purtroppo, della cronaca nera degli ultimi decenni. Nonostante i tentativi del Papa di portare alla luce quello che è un vero e proprio obbrobrio, la strada è ancora lunga. Quindi ben vengano anche le rivolte dei chierichetti se sono utili allo scopo.