Un annuncio improvviso, l’esercito allo sbando, la popolazione senza guida: l’armistizio di Cassibile segnò l’inizio del dramma della guerra civile. Oggi Mattarella a Roma per la commemorazione della difesa di Roma.
“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower… Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.” Con queste parole, pronunciate alle 19:42 dell’8 settembre 1943 in un messaggio radiofonico, il maresciallo Pietro Badoglio annunciò la firma dell’armistizio di Cassibile, siglato segretamente con gli Alleati cinque giorni prima. Poche parole, fredde e asciutte come una sentenza, apprese le quali la storia d’Italia cambiò per sempre.
L’effetto fu a dir poco devastante. L’esercito italiano, schierato su più fronti, non ricevette istruzioni precise. Intere divisioni furono lasciate nell’incertezza, senza ordini né protezione. In poche ore, il fronte si sgretolò: centinaia di migliaia di soldati furono disarmati dai tedeschi, caricati sui treni e deportati nei campi di prigionia: passeranno alla storia come gli I.M.I., Internati Militari Italiani, liberati – chi riuscì a sopravvivere agli stenti e ai lavori forzati – solo a fine guerra dagli Alleati e poi subito dimenticati, un dramma nel dramma. Chi tentò di opporsi fu spesso passato per le armi. Altri, disperati, si sbandarono cercando di tornare alle proprie case.
Mentre le parole di Badoglio risuonavano alla radio, a Roma la situazione assunse i toni grotteschi di una vigliacca fuga. La famiglia reale e lo stesso Badoglio abbandonarono nottetempo la capitale, riparando dapprima a Ortona e poi a Brindisi. Un atto che i contemporanei – e la storia successiva – avrebbero interpretato come un vero e proprio tradimento alla Nazione, lasciata senza guida politica e militare alla mercé dei tedeschi, delle rappresaglie, delle vendette personali e del caos.
Ma l’armistizio, e la conseguente resa agli Alleati, non significò la pace. Al contrario, segnò l’avvio di una guerra civile: il Paese si spaccò in due. Da una parte i fascisti della neonata Repubblica Sociale Italiana, fedeli a Mussolini e sostenuti dai tedeschi; dall’altra il movimento della Resistenza, che raccoglieva militari dispersi, civili, giovani e donne pronti a combattere per la liberazione.
L’assenza di comando aprì di fatto la strada all’occupazione tedesca, che si abbatté con estrema violenza. Iniziò così una stagione di rastrellamenti, rappresaglie e deportazioni, in cui la popolazione civile divenne vittima indifesa. Dagli eccidi delle Fosse Ardeatine alle stragi nei piccoli paesi – tra cui Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema, per citare solo due casi emblematici -, fino alle torture perpetrare nelle carceri agli oppositori politici, la ferocia nazista marchiò il territorio con il vivo sangue di migliaia di innocenti.
Oggi questa data funesta ed epocale della nostra storia, che segna la fine dell’alleanza con i tedeschi e l’inizio della Resistenza, viene ricordata con una cerimonia a Porta San Paolo. Un luogo non certo scelto a caso. Qui, infatti l’8 settembre 1943 cittadini, militari, partigiani e semplici passanti si unirono spontaneamente per opporsi alle truppe tedesche entrate a Roma dopo l’annuncio dell’armistizio. La battaglia fu breve ma intensa. Uomini e donne combatterono fianco a fianco, spesso con armi improvvisate, per difendere la città. Molti caddero sul posto, lasciando un segno profondo nella storia della capitale. Alla commemorazione partecipa il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che rende omaggio ai caduti con la deposizione di una corona di fiori alla stele dedicata alla difesa di Roma.
Il ricordo dell’8 settembre “deve rappresentare per l’Italia una bussola per costruire un futuro libero e giusto”, ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto. “In un tempo segnato da tensioni che minacciano la stabilità internazionale” i fatti dell’8 settembre ricordano che la libertà “non e’ gratuita, ma figlia di sacrifici e responsabilita’”, ha aggiunto il ministro. “Non possiamo tradire il mandato che ci e’ stato dato di difendere la pace e custodire la democrazia”, ha continuato Crosetto.