Negli scorsi giorni è stata presentata dal deputato Flavio di Muro l’interrogazione al ministero degli Interni per avere chiarificazioni in merito all’inchiesta sulle lauree facili che hanno coinvolto la Link Campus University e il sindacato Siulp negli anni accademici 2016-2017 e 2017-2018. Sono 71 le persone indagate a vario titolo per la vicenda dei falsi diplomi d’ateneo. Le accuse comprendono associazione a delinque, falsità materiale ed ideologica. Questo è quanto emerso al termine di un’indagine durata due anni e coordinata dal procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo e dal procuratore aggiunto Luca Turco. Tra gli indagati spiccano il presidente Vincenzo Scotti, ex ministro della Repubblica, Carlo Cotticelli, già tesoriere romano del PD e attualmente membro dell’assemblea nazionale del partito e i vertici del sindacato di polizia.
Secondo quanto si apprende dalle indagini, gli studenti-agenti del Siulp avevano una corsia preferenziale che gli consentiva di non partecipare alle lezioni, di dare gli esami nella città di residenza e sapendo prima le domande che sarebbero state poste loro durante le prove d’esame. Insomma un vero e proprio inciucio a colpi di esaminatori falsi, esami falsi e falsi certificati di laurea.
L’ex ministro, già chiacchierato all’epoca del suo ruolo istituzionale, figura come il principale indagato per l’associazione a delinque. Scotti, infatti, sarebbe stato solito recarsi personalmente a Firenze, normalmente in compagnia di un dipendente dell’ateneo, per individuare la sede dove svolgere gli esami e, contestualmente, consegnare le domande ai poliziotti cosi da fargli predisporre le risposte. Ovviamente tutte esatte. Inoltre pare che lo stesso Scotti si facesse chiamare “professore”, qualifica che non gli appartiene considerando che l’ex politico democristiano formalmente dovrebbe essere soltanto un dipendente della Link Campus con la carica di presidente. Non solo, sembrerebbe che il “professore” partenopeo presenziasse agli esami facendo in modo che i verbali fossero redatti dall’effettivo titolare di cattedra.
Inoltre, secondo le indagini svolte dalla Guardia di Finanza, andrebbero accertati anche i rapporti tra l’università, servizi segreti e un certo palcoscenico politico. A destare dei dubbi, infatti, sarebbero gli ambigui rapporti tra il presidente Scotti e il Movimento 5 Stelle, nonché la presenza di molti esponenti del PD romano negli organi direttivi dell’università privata.
Sarebbe ancora da verificare se, di concerto al reato di associazione a delinquere, ci sia stato o meno anche passaggio di denaro tra il Siulp e la Link. Gli inquirenti ipotizzano che l’università garantisse 600 euro per ogni iscritto ai capi del Siulp attraverso la fondazione Sicurezza e Libertà, creata dal segretario generale del sindacato di polizia Felice Romano. Tali fondi, fino a quando l’inchiesta non è venuta alla luce, sarebbero stati versati in un conto corrente di comodo di una banca di San Marino. “…I miei assistiti, nel perseguimento dei propri studi – sostiene l’avvocato Federico Bagattini, che difende numerosi agenti della questura di Firenze – si sono scrupolosamente attenuti alle indicazioni dei funzionari della Link Campus University…”, sottolineando così la buona fede dei vertici sindacali. Tutto da dimostrare, ovviamente.
La Link Campus mette le mani avanti e si difende a spada tratta: “Estraneità alle accuse – sostiene l’ateneo con una nota – formulate dalla procura di Firenze e conferma la piena trasparenza di tutto il suo operato. Non c’è stato nessun falso e nessun esame facile…Tutti i soggetti della Link Campus, coinvolti nel procedimento penale, potranno prendere visione degli atti, difendersi e dimostrare l’infondatezza delle accuse…”.
A breve sono previsti sviluppi eclatanti e ulteriori particolari dell’inchiesta.