30 giugno 1975: giustizia per Cristina, uccisa dalla ‘ndrangheta

#InostriStudentiRaccontanoiMartiridellaLegalità: continua l’iniziativa del CNDDU per la memoria.

Riceviamo e pubblichiamo

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani propone la storia di Cristina Mazzotti, rapita sulla strada per Longone al Segrino in provincia di Como, il 30 giugno del 1975. La storia di Cristina è veramente spaventosa, una ragazza di appena 18 anni che era piena di vita, per la sete di denaro di alcuni sequestratori affiliati, alla ndrangheta perse la vita in modo orribile: nascosta in una buca profonda, stretta, umida e buia, con scarsa aereazione, non veniva alimentata in modo adeguato e veniva costantemente drogata per limitarne le reazioni. Nessuno ebbe pietà di lei; la giovane morì senza che giustizia fosse fatta completamente per lei. Oggi la sua memoria viene onorata dalla studentessa Dalila Anania, della classe III sez. C, del Liceo scientifico Filolao di Crotone 

Cristina, figlia di un noto imprenditore di un paesino vicino Como, era una giovane ragazza rapita e poi uccisa in condizioni disumane dalla ndrangheta nell’estate del 1975; la sera del 30 giugno Cristina usci, come faceva spesso, con i suoi amici per passare una serata tranquilla in loro compagnia. A fine serata, stava rientrando a casa in auto accompagnata da 2 amici, quando una macchina affiancò l’auto con i ragazzi a bordo e rapirono Cristina. Fu assalita da 3 uomini che, con violenza, la spinsero in macchina, le somministrarono dei tranquillizzanti e la portarono lontano dalla cittadella. Dalla ricostruzione dell’accaduto è stato scoperto che venne tenuta in una buca senza la possibilità di muoversi, al buio e con scarso ricambio d’ aria per quasi 27 giorni in condizioni così disumane che la condussero alla morte. I genitori della ragazza fecero di tutto, anche pagare il riscatto richiesto, pur di rivedere Cristina, ma il padre Helios Mazzotti, un imprenditore cerealicolo, capì subito che non avrebbe mai più rivisto il volto della figlia. Il primo settembre dello stesso anno il corpo della giovane venne ritrovato in una discarica di Varallino. Il padre di Cristina non riuscì a sopportare il dolore per la morte della figlia e si spense all’età di 55 anni per un infarto. La moglie, rimasta ormai sola e distrutta dalle due perdite continua a lottare per avere giustizia per la sua Cristina. Ad oggi dopo quasi 50 anni il processo per la morte di Cristina non è ancora concluso, l’ultimo appuntamento sarà il 25 settembre del 2024 una giustizia troppo lenta per una criminalità organizzata che agisce in maniera rapida, veloce, immediata e in maniera spietata.

Oggi Dalila, giovane calabrese, ricorda Cristina, stabilendo un ponte ideale tra due realtà che seppur diverse da tanti punti di vista sono accomunate dalla presenza di persone oneste, perché molti meridionali sono cittadini esemplari e condividono i valori della legalità. Auspichiamo che Cristina possa essere associata presto al concetto di verità e giustizia che merita.  

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.

Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU

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